martedì 20 dicembre 2016

E' IN USCITA IL V VOLUME DI "TESORI DEL PARCO DEL POLLINO - Kyniskòs il campione della dea Era"

Copertina del V Volume

È in uscita l V volume di “Tesori del Parco del Pollino” interamente dedicato a Kyniskòs ed alla scure martello, il reperto più importante della Magna Graecia, insieme ai Bronzi di Riace, rinvenuto a San Sosti nel 1846, oggi custodito presso il British Museum di Londra.

Il volume contiene i risultati delle ricerche su Kyniskos, l’offerente della scure martello, uno dei reperti più importanti finora rinvenuto nella Magna Graecia, donato alla dea Era nella seconda metà del VI sec. a.C. La guerra, la palestra, il senso di lealtà verso la propria polis, l’orgoglio di appartenenza alla  propria stirpe, hanno fatto di uomo un mito, una leggenda, ricordato attraverso i secoli e celebrato dai più grandi artisti del mondo antico, primo tra tutti Policleto. A distanza di 2500 il mito di Kyniskos viene rievocato, ancora una volta, in occasione dei giochi olimpici del 2016 con una ricostruzione storica presentata ad Olimpia alla vigilia dell’apertura dei giochi.

sabato 17 dicembre 2016

EXCALIBUR: LA SPADA NELLA ROCCIA SI TROVA IN ITALIA

Rotonda di Monte Siepi (Siena): la spada nella roccia, XII sec. d.C.

Rotonda di Monte Siepi (Siena): la spada nella roccia, XII sec. d.C.

Rotonda di Monte Siepi (Siena): la spada nella roccia, XII sec. d.C.

Rotonda di Monte Siepi (Siena).

 Galgano ebbe una gioventù improntata al disordine e alla lussuria, salvo in seguito convertirsi alla vita religiosa e ritirarsi in un eremitaggio vissuto con la medesima intensità con cui aveva precedentemente praticato ogni genere di dissolutezze.
Era un giovane violento, ma era destinato a cambiare vita e a diventare un Cavaliere di Dio come profetizzatogli da "Misser Santo Michele Arcangelo": ebbe infatti due visioni successive in cui l'arcangelo Michele gli indicò il suo percorso di vita.
Nella prima visione era tracciato il suo destino di cavaliere sotto la protezione dell'arcangelo stesso, mentre nella seconda l'arcangelo lo invitava a seguirlo.
Seguendo l'arcangelo Galgano attraversò un ponte molto lungo al di sotto del quale si trovava un fiume ed un mulino in funzione, il cui movimento simboleggia la caducità delle cose mondane.
Oltrepassato il ponte ed attraversato un prato fiorito, che emanava un profumo intenso e soave, raggiunsero Monte Siepi, dove, in un edificio rotondo, Galgano incontrò i dodici apostoli. Qui ebbe la visione del Creatore: fu quello il momento della conversione. In seguito, durante degli spostamenti, per due volte il cavallo si rifiutò di proseguire e la seconda volta, solo dopo una intensa preghiera rivolta al Signore, il cavallo da solo e con le briglie sciolte lo condusse a Monte Siepi, nello stesso posto dove la visione gli aveva fatto incontrare i dodici apostoli. Qui Galgano, non trovando legname per fare una croce, ne fece una infiggendo la propria spada nella roccia, quindi trasformò il proprio mantello in saio e come tale lo indossò.
Sentì anche una voce che veniva dal cielo che lo invitava a fermarsi in quel posto fino alla fine dei suoi giorni: iniziava così la sua vita da eremita, cibandosi di erbe selvatiche e dormendo sulla nuda terra. Lottò e sconfisse con la sua fermezza il demonio che lo tentava.

Durante la sua assenza per un pellegrinaggio alle basiliche romane, tre monaci invidiosi cercarono di estrarre la spada dalla roccia per rubarla, ma non riuscendovi la vollero rompere per oltraggio. Il castigo di Dio fu immediato: uno cadde in un fiume ed annegò, un altro fu incenerito da un fulmine ed un terzo fu afferrato per un braccio da un lupo e trascinato via, ma si salvò invocando Galgano. Secondo la leggenda, le mani mummificate conservate nell'attigua cappella del Lorenzetti sarebbero proprio quelle del monaco invidioso, ma probabilmente si tratta dei resti dei primi seguaci di San Galgano rinvenute nel luglio 1694 nel sagrato della Rotonda: la radiodatazione col C14 le fa effettivamente risalire al XII secolo, quindi contemporanee a San Galgano.

Galgano e la spada nella roccia

Al ritorno dal pellegrinaggio, Galgano trovò la spada rotta e provò un grande dolore, ritenendosi responsabile per essersene allontanato; Dio però, volendolo consolare, gli disse di ricomporre la spada posando il pezzo rotto sulla parte infissa nella roccia. Galgano obbedì e i due pezzi si saldarono perfettamente: la spada si ricostituì più forte di prima. L'episodio è raffigurato in un dipinto conservato nella Pinacoteca nazionale di Siena, opera di Giovanni di Paolo (1403-1482). L'eremita costruì poi un romitorio e vi condusse una vita di meditazione e preghiera fino al giorno in cui la voce di Dio, in una luce immensa, gli annunciò la sua morte.
Presenziarono alla tumulazione del suo corpo Ildebrando Pannocchieschi, vescovo di Volterra ed i vescovi di Siena e Massa Marittima.
Appena quattro anni dopo la sua morte, dopo che un'apposita commissione diretta dal cardinale Conrad di Wittelsbach ebbe condotto la relativa inchiesta, papa Lucio III lo proclamò santo.
Ma la spada nella roccia è legata al filone letterario franco-provenzale del XII secolo e al ciclo Carolingio, dove si narra che Artù avrebbe estratto la spada per regnare nel segno della giustizia divina. 

Artorius Castus (King Artur), 410 d.C.

Le scoperte archeologiche e letterarie degli ultimi decenni hanno fatto luce su due vicende apparentemente legate, ma anacronistiche: è ormai appurato che Artù, in realtà era un ufficiale romano il cui vero nome era Artorius Castus al comando della IX legione di stanza al Vallo di Adriano; il vallo è un muro fortificato lungo 117 km fatto costruire dall'imperatore Adriano nella prima metà del II sec. d.C. che divideva la Britannia in due regioni, quella a Nord era la terra dei Celti, popolazioni primitive organizzate in villaggi e governate da sacerdoti-guerrieri, i Druidi, cui si attribuivano capacità magiche e guaritrici. Quindi, anche la figura di Merlino è non inventata, bensì storica, realmente vissuto tra il IV e il V sec. d.C.

La vicenda di Artorius (Artù) non risale all'epoca di Galgano, in realtà si è verificata molto prima, cioè nel 410 d.C., quando le legioni romane abbandonarono la Britannia perchè era ormai indifendibile. Ha inizio una nuova pagina storica per l'Inghilterra ma bisognava creare il mito: la spada magica, forgiata con il sangue della Britannia, il guerriero celtico che la estrae dalla roccia riscatta la sua terra e la unisce sotto un unico potere. Ecco che Galgano viene identificato dalla letteratura provenzale con Artù.   



Angelo Martucci

sabato 1 ottobre 2016

IN VENDITA il II° Volume de "Tesori del Parco - Archeologia, Uomo e Territorio"

"Tesori del Parco - Archeologia, Uomo e Territorio"
Ecco il Secondo Volume della collana "Tesori del Parco", edito dalla Martus Editore.
Si tratta di pubblicazioni scientifiche che vanno ad arricchire il panorama editoriale dedicato al territorio del Parco Nazionale del Pollino.

Il libro, narra la storia insediativa e l'antropizzazione tra uomo e territorio del Pollino, dalla Calabria alla Basilicata, dal Neolotico al tardo Medioevo... un viaggio entusiasmante verso la scoperta e la conoscenza delle attività che l'uomo, nel corso di millenni, mise in atto per adattare il territorio alle proprie esigenze.
Il resto lo potrete scoprire solo leggendo il libro...

Il volume è in vendita presso il Museo "Artemis" di San Sosti.
Siamo aperti da lunedì a sabato dalle ore 9.30 alle 12.30.
Contatti: 098161013 - museoartemis@gmail.com
Ci trovate su Google Maps




venerdì 30 settembre 2016

In vendita il Primo Volume de "Tesori del Parco - Civiltà a confronto: l'ideologia del potere nel mondo antico

"Tesori del Parco - Civiltà a confronto: l'ideologia del potere nel mondo antico.

Ecco il primo volume della collana "Tesori del Parco", edito dalla Martus Editore.

Si tratta di pubblicazioni scientifiche che vanno ad arricchire il panorama editoriale dedicato al territorio del Parco Nazionale del Pollino.
Il libro, frutto di studi e ricerche sulle antiche civiltà stanziate sui territori oggi ricompresi nell'area del Parco Nazionale del Pollino, racconta le peculiarità dei popoli indigeni e le influenze culturali, politiche e militari, che questi subirono in seguito all'arrivo dei Greci in Calabria.
Il resto lo potrete scoprire solo leggendo il libro...


Il volume è in vendita presso il Museo "Artemis" di San Sosti.



Siamo aperti da lunedì a sabato dalle ore 9.30 alle 12.30.

Contatti: 098161013 - museoartemis@gmail.com
Ci trovate su Google Maps

lunedì 19 settembre 2016

Cultura e Archeologia: il Museo "Artemis" si consolida vero attrattore turistico di San Sosti.

L'Associazione Culturale "Paeseggiando" alla scoperta della Nuova Mostra Archeologica "Civiltà allo specchio: Enotri e Greci - La ceramica rituale e da mensa: i casi di Francavilla Marittima e San Sosti" allestita presso il Museo "Artemis", che si conferma VERO attrattore turistico del Comune di San Sosti.







venerdì 9 settembre 2016

"Tesori del Parco Vol. V° - Kyniskos: il Campione della Dea Era"


"Kyniskos il Campione della Dea Era"

Nel 2017 sarà pubblicata la nuova opera scientifica della collana:
"Tesori del Parco Vol. V° - Kyniskos: il Campione della Dea Era"

Il libro contiene notizie e scoperte assolutamente inedite su Kyniskos e la Scure Martello

lunedì 29 agosto 2016

La Nuova Mostra Archeologica: CIVILTA' ALLO SPECCHIO: ENOTRI E GRECI - LA CERAMICA RITUALE E DA MENSA: I CASI DI FRANCAVILLA MARITTIMA E SAN SOSTI

La Nuova Mostra Archeologica:
CIVILTA' ALLO SPECCHIO: ENOTRI E GRECI - LA CERAMICA RITUALE E DA MENSA: I CASI DI FRANCAVILLA MARITTIMA E SAN SOSTI
è visitabile presso il Museo "Artemis" dei 56 Comuni del Parco Nazionale del Pollino in San Sosti.
Potrete ammirare un raro esemplare di "Cembalo" risalente a 2800 anni fa... e tanti altri reperti esposti per la prima volta nel "NOSTRO" Museo.

Vi aspettiamo


lunedì 22 agosto 2016

Inizio studio-documentazione fotografica evidenze murarie San Sosti


Primi rilievi nel centro storico di San Sosti
SCOPERTO UN LUNGO TRATTO DI FORTIFICAZIONE RINFORZATO DA ALMENO TRE TORRI DI ETÀ BIZANTINA

Assume sempre più le caratteristiche del castrum bizantino il centro storico di San Sosti (il cui nome greco è Agios Sostis, Agios Sostis) con la sua forma stretta ed allungata, arroccato sulla sommità di una collina, sul punto più alto s'imposta la chiesa, la cui pianta conserva ancora l'orientamento classico delle chiese greche, costruite verso la fine del IX e gli inizi del X sec. d.C. nei kastra d'occidente.
La città-fortezza, occupava una posizione geografica strategica per quel periodo, essendo che ai suoi piedi si snodava la via istmica che metteva in comunicazione i due mari: lo Ionio e il Tirreno, e in funzione di ciò doveva essere protetta da almeno due cortine murarie e da un gran numero di torri.
Gli ultimi rilievi nel centro storico, ancora in corso, condotti in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, stanno restituendo la pianta antica del kastrum e numerose ed inaspettate scoperte. Sul lato N.E. è stato individuato un lungo tratto di cortina difensiva con uno spessore di 85 cm, rinforzato da almeno tre piccole torri di forma quadrangolare che trovano confronto con la torre occidentale di Artemisia (Casalini), databile al X sec. d.C.



mercoledì 17 agosto 2016

Visitabile la nuova mostra archeologica CIVILTÀ ALLO SPECCHIO Enotri e Greci presso il Museo Artemis dei 56 Comuni del Parco Nazionale del Pollino




Visitabile la nuova mostra archeologica
CIVILTÀ ALLO SPECCHIO
Enotri e Greci
presso il Museo Artemis dei 56 Comuni del Parco Nazionale del Pollino

E' visitabile presso il museo Artemis dei 56 Comuni del Parco Nazionale del Pollino, a San Sosti la mostra archeologica dal titolo "CIVILTA' ALLO SPECCHIO - Enotri e Greci - La ceramica rituale e da mensa: i casi di Francavilla Marittima e San Sosti".
Si tratta di una campionatura di reperti provenienti dall'Athenaion di Timpone della Motta, dalla necropoli di Macchiabate, nel territorio di Francavilla Marittima (CS) e dalla località Serra a San Sosti (CS).
Abbiamo esposto il corredo di alcune tombe tra le quali merita particolare attenzione la femminile numero 27, al cui interno è stato rinvenuto un cembalo in bronzo, rarissimo esempio di strumento musicale, tra i più antichi finora rinvenuti in Calabria: l'oggetto risale alla metà dell'VIII sec. a.C..
Dal punto di vista religioso questo strumento era segno propiziatorio di fertilità; riposto nelle sepolture femminili la defunta lo offriva alla divinità.
Come tema della mostra abbiamo scelto Francavilla e San Sosti perchè meglio attestano i rapporti socio-culturali e l'integrazione tra l'elemento indigeno enotrio e quello greco documentato dai materiali archeologici rinvenuti in alcune tombe.
Dall'Athenaion di Timpone della Motta provengono materiali archeologici estremamente importanti che testimoniano l'esistenza di un luogo di culto enotrio risalente alla fine del IX e inizi dell'VIII frequentato ininterrottamente almeno fino alla fine del IV sec. a.C..
Tra i reperti più significativi esposti nella mostra ci sono due Kotylai pixoidi del tipo Aetos 666 a chevrons degli inizi dell'VIII sec. a.C., alcuni aryballoi di tipo proto-corinzio e alcune hydriskai del VII sec. a.C..
L'ultima fase di frequentazione è rappresentata dalla ceramica a vernice nera e figure rosse.
In alcuni corredi funerari, invece, sono stati rinvenuti oggetti ceramici enotri in associazione a oggetti di fabbrica e di provenienza greca. Ciò sta a testimoniare l'influenza greca sul tessuto socio-culturale enotrio.
Dalla Serra di San Sosti provengono le due porzioni di brocchetta di tipo enotrio con decorazione geometriche del tipo a "tenda" e a "frange" 

sabato 6 agosto 2016

Convegno & Mostra Archeologica: Civiltà allo specchio - Enotri e Greci - La ceramica rituale e da mensa: i casi di Francavilla Marittima e San Sosti

Lo Staff del Museo "Artemis", è lieta di invitarVi al Convegno Nuove azioni politiche per la definizione di Beni Culturali come beni comuni” 
Al termine del convegno sarà presentata la nuova MOSTRA ARCHEOLOGICA "Civiltà allo specchio - Enotri e Greci: la ceramica rituale e da mensa - I casi di Francavilla Marittima e San Sosti" organizzata dall'Impresa "Martus" in collaborazione con il Polo Museale della Sibaritide e col patrocinio dall’Amministrazione Comunale  di San Sosti e del Parco Nazionale del Pollino.


domenica 17 luglio 2016

LA TAVOLETTA DI NARMER - Nuove scoperte - "in collaborazione con l'Università di Cagliari" - THE Narmer Palette - New discoveries - "in collaboration with the University of Cagliari"


E’ tra i documenti geroglifici più antichi d’Egitto, databile, presumibilmente al IV millennio a.C.
Simboleggia la sottomissione del Basso Egitto ai sovrani dell’Alto Egitto ad opera di Narmer, sovrano dell’Alto Egitto quando la capitale del Regno si trovava a This. Fu con Narmer che ebbe inizio la storia dell’Egitto, ma non sappiamo di preciso quando ciò avvenne; sulla scorta dei dati raccolti attraverso studi che durano ormai da secoli, possiamo ipotizzare di essere intorno alla fine del V o agli inizi del IV millennio a.C.
Circa 3000 anni dopo, fu lo storico greco Erodoto (V sec. a.C.) che scrisse su Narner grazie ad alcuni antichi papiri che i sacerdoti egizi ancora conservavano gelosamente; da questi si apprende che il faraone fece costruire la prima diga a protezione della città di Menfi dalle inondazioni del Nilo. Da questi papiri, riportati da Erodoto, si apprende che Menfi era la capitale dell’Egitto unificato (Alto e Basso Egitto), ma, nello stesso momento pongono nuovi interrogativi circa la costruzione della grande piramide di Khufu (Cheope), che dovrebbe collocarsi intorno al 2560 a.C. (IV dinastia). Questa datazione (la più attendibile), eliminerebbe ogni dubbio circa la costruzione della grande piramide e soprattutto, andrebbe a “smontare” la letteratura fantascientifica che in alcuni casi ne attribuisce la costruzione a entità extra terrestri o la fa risalire al 10500 a.C.  
A questo punto sorge un altro interrogativo: quale era l’aspetto demo-geografico di quello che noi oggi conosciamo come Egitto? Certamente era diviso in due entità territoriali molto vaste  (Alto Egitto e Basso Egitto) con a capo due re e tanti piccoli regni semi-indipendenti guidati da sovrani locali che, in qualche modo ne riconoscevano la sovranità. Questo è il periodo che gli egittologi chiamano “Predinastico”, ragion per cui, è da escludere, nel modo più assoluto, la retrodatazione della “grande piramide” a questo periodo.
A tale proposito, pochi dubbi lascia la tavoletta di Narmer databile tra il 3100 e il 2850 a.C.
Presenta due facce, su una faccia il re indossa la corona conica, di colore bianco simbolo dell’Alto Egitto, con una mano afferra i capelli di un nemico inginocchiato, con l’altra la clava con cui lo ucciderà. Sulla destra il falco regge una testa umana e sei fusti di papiro, simboleggiando che il dio Horus, nel quale si identifica il faraone, ha sconfitto gli abitanti del Paese dove nasce il papiro (Basso Egitto).
Sull’altra faccia il faraone Narmer indossa la corona a berretto di colore rosso, simbolo del Basso Egitto, avanza accompagnato da uomini che recano insegne, mentre sulla destra giacciono, in doppia fila verticale, dieci nemici decapitati. Sotto due animali fantastici, con teste leonine, intrecciano i lunghi colli di giraffa in segno di unione, conseguita dall’azione vittoriosa di Narmer, mentre nel cartiglio in basso, il toro (il faraone) che atterra un nemico. Da questo momento in poi il copricapo regale sarà la corona conica di colore bianco incastonata nella corona a berretto di colore rosso che simbolicamente significa l’unione dei due regni.
Oltre ai contenuti documentari, questa tavoletta riveste anche una straordinaria importanza perché fissa alcuni canoni tipici di tutta l’arte figurativa egizia: il faraone è rappresentato molto più grande rispetto a tutti gli altri, come segno indiscusso della sua autorità di dio in terra. Gli uomini, gli animali, gli oggetti sono bidimensionali, i primi, anzi, hanno il viso di profilo e il grande occhio di prospetto, il busto frontale e le gambe in visione laterale.

Non è soltanto l’assenza della volumetria e della spazialità secondo l’ottica naturale, non è cioè l’assenza della verosimiglianza, come riproduzione della realtà secondo il modo di vedere prospettico dell’uomo. La realtà, che pure è presente, è smontata e rimondata in un ordine diverso così da darci una visione pressochè completa di tutte le componenti come siamo abituati a conoscerle. È dunque la realtà che fa parte della nostra coscienza, non quella che appare davanti ai nostri occhi. Si ottiene, così, un’alta idealizzazione e perciò l’espressione dei contenuti; non ciò che vedremo su un campo di battaglia dopo una vittoria, ma il significato morale di questa: la divinità del faraone egizio e l’inesorabile sconfitta dei suoi nemici.    

giovedì 12 maggio 2016

Nuova mostra archeologica didattico-scientifica presso il Museo "Artemis" dei 56 comuni del Parco Nazionale del Pollino


Tesori del Parco
CIVILTA' ALLO SPECCHIO
La ceramica rituale e da mensa
I casi di Francavilla Marittima e San Sosti
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Francavilla è uno dei siti indigeni più interessante, se non il più interessante, della Sibaritide perché continua ad esistere anche durante e dopo la fondazione della polis achea di Sybaris.
L’archeologia classica, forse con eccessiva semplificazione, è giunta a conclusioni che oggi, alla luce di dati scientifici nuovi, sarebbe opportuno riconsiderare. Non esisteva e se vogliamo non esiste ancora oggi una disciplina che studia le popolazioni indigene “italiche” (Enotri, Ausoni, Sanniti): il tutto viene racchiuso nel corso di “Protostoria”. In campo accademico è purtroppo consolidato il dualismo tra "Protostoria" e colonizzazione greca prima e romana dopo. Questo modello coloniale contrappone due entità, cioè, i Greci e gli Indigeni, o meglio, un'entità "greca", ben definita ed un termine "indigeno", non riferito ad un popolo o ad un'etnia.
Sotto questo aspetto, Francavilla è il caso più significativo di coesistenza tra l'elemento enotrio (indigeno) e quello greco e non di sudditanza del primo nei confronti del secondo. Ciò è attestato soprattutto dai rinvenimenti ceramici nelle sepolture e nell'Athenaion: accanto alla ceramica greca è stata rinvenuta quella enotria relativa allo stesso periodo. Sembra anche il caso di Località Serra, nel comune di San Sosti, dove sono stati recuperati diversi frr. (cat. 145893 - 145895) di ceramica che trovano confronto con quelli di Francavilla. L’Amministrazione Comunale di San Sosti (CS), in previsione dell’apertura dell’Anno Santo, considerato che il Santuario Basilica Madonna del Pettoruto sito nel nostro comune ne è sede giubilare, considerato che l’evento porterà nel nostro territorio un notevole flusso turistico da ogni parte d’Italia, vuole realizzare presso il “Museo Artemis” dei 56 Comuni del Parco Nazionale del Pollino di San Sosti, una mostra archeologica che ha come tema l’esposizione di ceramiche rituali e da mensa. Tale esposizione ha lo scopo di promuovere la valorizzazione, la tutela e la fruizione del patrimonio artistico-archeologico del territorio.

FINALITÀ

- La mostra avrà come scopo lo sviluppo e la valorizzazione del territorio del Parco; sarà rivolta in particolare alle scuole di ogni ordine e grado e pertanto verrà concepita come realtà museale aperta, non come contenitore esclusivo di reperti archeologici ma come luogo di studio.
- Sensibilizzare all’importanza del ruolo di una mostra archeologica sul nostro territorio per la formazione di una coscienza di tutela e valorizzazione del bene culturale.

FRUIBILITÀ

- L’azione divulgativa prevede l’esposizione museale classica e anche quella multimediale.
- La realizzazione di dépliant a scopo pubblicitario e divulgativo.
- L’aspetto multimediale riveste un ruolo fondamentale poiché rende la mostra fruibile in qualunque   posto e in qualsiasi momento, attraverso filmati esplicativi della mostra stessa.

PROMOZIONE DEL TERRITORIO

       Il centro abitato di San Sosti, immerso in uno scenario naturalistico di impareggiabile bellezza,  costituisce la porta Sud-occidentale del Parco Nazionale del Pollino, già meta di un importante flusso turistico per la presenza del Santuario Basilica Minore Madonna del Pettoruto.

       Con il presente progetto, questa amministrazione intende convogliare i numerosi visitatori nel centro storico dove è sito il Museo “Artemis” dei 56 comuni del Parco Nazionale del Pollino, sede dell’esposizione archeologica.

       Di notevole importanza è la presenza, a pochi metri dal Museo, del sito archeologico “Madonna del Carmine”, oggetto nel 2004 di studi archeologici condotti dalla Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria in collaborazione con la Cattedra di Archeologia Cristiana e Medievale; gli scavi hanno riportato alla luce parte di un santuario greco dell’età arcaica dedicato alla Dea Atena (VI a.C.), attualmente visitabile.


domenica 3 aprile 2016

LA CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

SANTA MARIA ASSUNTA
Analisi del contesto archeologico


Ruderi della chiesa di Santa Maria Assunta, XIII-XIV sec.

La chiesa di Santa Maria Assunta si eleva su una collina a breve distanza di Macellara, frazione di San Sosti, sull'estremità del sistema collinare che fa da spartiacque tra il Grondo e l'Occido, sul confine col territorio comunale di San Donato di Ninea.
Si tratta di una costruzione rettangolare absidata posizionata Nord-Sud, con abside e altare rivolto a Nord; l'edificio ha due ingressi: quello principale posizionato a Sud e un secondo ingresso laterale posizionato sul lato lungo rivolto a oriente. 
Il corpo della chiesa misura m 6,17 sul lato Sud; m 9,82 sul lato Est; m 9,82 sul lato Ovest; il catino absidale misura m 8,60.
L'edificio è costruito con grossi blocchi tufacei, pietre di fiume, laterizi, coppi e malta di colore biancastro poco tenace; presenta diverse fasi edilizie che attestano più interventi di restauro. La parte più antica (XIII-XIV sec.) è visibile per almeno un metro dal suolo, costruita con una tecnica diversa dell'alzato e con diversi materiali, tra i quali frammenti di cospicui frammenti di tegole di età romana riutilizzati nella posa in opera della fabbrica. 
La muratura è livellata in piani di posa con uno spesso letto di malta, frammenti di coppi e scaglietta di pietre disposti in filari regolari. L'edificio fu abbandonato nella seconda metà del XIX secolo.
Dalle ricognizioni di superficie sul piano di campagna adiacente alla struttura si notano frr. tegole di età romana e frr. di ceramica altomedievali, ciò indica che l'area dove sorge la chiesa di Santa Maria dell'Assunta presenta una frequentazione già a partire dall'età romana.