San Marco Argentano (CS) Torre normanna, XI secolo |
La città di San Marco
Argentano è l’erede dell’antica Argentanum, ubicata nella valle del Fullone, a
quota 425 s. l.m.
L’area dove sorge l’abitato presenta una continuità insediativa dall’età protostorica al Medioevo, attestata dalle fonti e confermata dai rinvenimenti archeologici. Durante la dominazione sibarita era conosciuta con il nome di Argyros, era un piccolo centro minerario citato più volte dalle fonti antiche, da cui si estraeva l’argento. In età greca arcaica si presentava come una fiorente cittadella semi-indipendente con una serie di piccoli agglomerati che orbitavano attorno ad essa. Uno di questi agglomerati rurali è stato individuato in località Caccia, nei pressi del centro commerciale “La Torre”: sul piano di campagna si nota una notevole dispersione di fittili e materiali edilizi provenienti dalla distruzione di antiche abitazioni. Particolarmente presente è la ceramica a vernice nera databile al V-IV sec. a.C. Un altro insediamento di età greca arcaica è stato individuato in località Varco Bufalo-La Matina; anche qui si possono notare numerosi frammenti ceramici disseminati sul piano di campagna, alcuni dei quali di pregiata fattura identificabili come appartenenti a recipienti di fabbrica corinzia del VII sec. a.C. Si ha notizia del rinvenimento di una statuetta di bronzo raffigurante Erakles con clava e pelle leonina, che in base a diverse descrizioni dovrebbe risalire al VI sec. a.C. In località Cimino è stata scoperta una necropoli ellenistica con sepolture alla “cappuccina” del IV sec. a.C. In località Ghiandaro si ha notizia di un luogo di culto attestato dalla scoperta di alcuni pozzetti votivi.
Nel IV sec. a.C. Argyros perde il suo stauts di indipendenza e nel 390 a.C. venne annessa alla confederazione lucana; nel 356 venne annoverata tra le 12 repubbliche bruzie fuoriuscite dalla confederazione lucana che elevarono Consentia a loro capitale. Nel 282 a.C. prese parte alla guerra contro Thourioi e rimase sconfitta e i romani ne mutarono il nome in Argentanum. Venne annoverata tra le città brettie da Tito Livio nella sua opera “Ab Urbe Condita”. Durante la seconda guerra punica si allea con Annibale alternando successi e disfatte. Venne nuovamente citata da Livio il quale afferma che Argentanum insieme a Consentia ed altre città bruttie si consegnò al Console Gneo Servilio, definendo quelle città ribelli “Multique alii ignobiles populi” per il fatto di essersi alleate con Annibale Contro Roma. Nell’88 a.C., dopo la guerra sociale, con la Lex Julia Municipalis assume il nuovo status di Municipia. Nel 44 d.C., secondo la tradizione, nei pressi della municipia di Argentanum si consuma il sacrificio dei Martiri Argentanesi, considerati tra i protomartiri cristiani. Durante le invasioni barbariche Argentanum sopravvive ad un rovinoso processo di spopolamento; durante la dominazione longobarda l’abitato si era ridotto al punto più alto della collina, dove era stato edificato un castrum e dove si conserva ancora la chiesa di Santa Maria dei Longobardi. Verso la fine del IX sec. la città era stata quasi completamente abbandonata; una lenta ripresa si ebbe già agli inizi del X sec. e nel 969 prese il nome di San Marco.
Intorno al 1047, Roberto, figlio di Tancredi, raggiunse i suoi fratelli che erano già a Melfi e da qui partì con un pugno di avventurieri alla conquista della Calabria ancora in mano ai Bizantini; giunse nella valle dell’Esaro-Fullone e qui, su un’altura trovò San Marco, antica città-fortezza, quasi abbandonata e vi si stabilì con i suoi compagni, dopo averla fortificata con una palizzata, secondo l’uso dei Normanni.
Una cronaca in latino scritta da Amato, un monaco di Montecassino vissuto tra l’XI e il XII sec. e tradotta in francese, racconta le vicende di questo valoroso condottiero che in brevissimo tempo riuscì a strappare dalle mani dei Bizantini e costruire quasi un impero. Stabilitosi a San Marco Roberto incominciò a lottare contro le città bizantine della valle che assoggettò in poco tempo, strinse amicizia con Pietro, signore di Bisignano, invitandolo per un incontro amichevole ma catturò a tradimento e lo condusse prigioniero a San Marco chiedendo un grande riscatto per la sua libertà, da questo momento in poi i Normanni appellarono Roberto “Guiscardo”, cioè, l’astuto. Con il denaro del riscatto fece costruire un castello con una grande torre rendendo così San Marco la città più potente dell’intera vallata, ne fece la sua sede e da qui partì alla conquista di tutta la Calabria, nella città di Brahalla insediò sua sorella Mabilia quale reggente della Corona Normanna. Dopo la sua morte, avvenuta improvvisamente, mentre stava preparando una spedizione contro Costantinopoli, San Marco era ormai il centro politico e militare della Calabria. Nel 1098 il suo successore Ruggero riunì a San Marco un grande esercito contro Riccardo, della casata di Altavilla, signore di Capua. Consolidato ormai il potere su tutta l’Italia meridionale, fu organizzata la conquista della Sicilia, che nel frattempo era finita in mano ai Musulmani, completata da Ruggero II che istituì la nuova capitale del regno a Palermo. Da questo momento in poi San Marco passa in secondo piano rispetto alla nuova capitale del Regno Normanno.
L’area dove sorge l’abitato presenta una continuità insediativa dall’età protostorica al Medioevo, attestata dalle fonti e confermata dai rinvenimenti archeologici. Durante la dominazione sibarita era conosciuta con il nome di Argyros, era un piccolo centro minerario citato più volte dalle fonti antiche, da cui si estraeva l’argento. In età greca arcaica si presentava come una fiorente cittadella semi-indipendente con una serie di piccoli agglomerati che orbitavano attorno ad essa. Uno di questi agglomerati rurali è stato individuato in località Caccia, nei pressi del centro commerciale “La Torre”: sul piano di campagna si nota una notevole dispersione di fittili e materiali edilizi provenienti dalla distruzione di antiche abitazioni. Particolarmente presente è la ceramica a vernice nera databile al V-IV sec. a.C. Un altro insediamento di età greca arcaica è stato individuato in località Varco Bufalo-La Matina; anche qui si possono notare numerosi frammenti ceramici disseminati sul piano di campagna, alcuni dei quali di pregiata fattura identificabili come appartenenti a recipienti di fabbrica corinzia del VII sec. a.C. Si ha notizia del rinvenimento di una statuetta di bronzo raffigurante Erakles con clava e pelle leonina, che in base a diverse descrizioni dovrebbe risalire al VI sec. a.C. In località Cimino è stata scoperta una necropoli ellenistica con sepolture alla “cappuccina” del IV sec. a.C. In località Ghiandaro si ha notizia di un luogo di culto attestato dalla scoperta di alcuni pozzetti votivi.
Nel IV sec. a.C. Argyros perde il suo stauts di indipendenza e nel 390 a.C. venne annessa alla confederazione lucana; nel 356 venne annoverata tra le 12 repubbliche bruzie fuoriuscite dalla confederazione lucana che elevarono Consentia a loro capitale. Nel 282 a.C. prese parte alla guerra contro Thourioi e rimase sconfitta e i romani ne mutarono il nome in Argentanum. Venne annoverata tra le città brettie da Tito Livio nella sua opera “Ab Urbe Condita”. Durante la seconda guerra punica si allea con Annibale alternando successi e disfatte. Venne nuovamente citata da Livio il quale afferma che Argentanum insieme a Consentia ed altre città bruttie si consegnò al Console Gneo Servilio, definendo quelle città ribelli “Multique alii ignobiles populi” per il fatto di essersi alleate con Annibale Contro Roma. Nell’88 a.C., dopo la guerra sociale, con la Lex Julia Municipalis assume il nuovo status di Municipia. Nel 44 d.C., secondo la tradizione, nei pressi della municipia di Argentanum si consuma il sacrificio dei Martiri Argentanesi, considerati tra i protomartiri cristiani. Durante le invasioni barbariche Argentanum sopravvive ad un rovinoso processo di spopolamento; durante la dominazione longobarda l’abitato si era ridotto al punto più alto della collina, dove era stato edificato un castrum e dove si conserva ancora la chiesa di Santa Maria dei Longobardi. Verso la fine del IX sec. la città era stata quasi completamente abbandonata; una lenta ripresa si ebbe già agli inizi del X sec. e nel 969 prese il nome di San Marco.
Intorno al 1047, Roberto, figlio di Tancredi, raggiunse i suoi fratelli che erano già a Melfi e da qui partì con un pugno di avventurieri alla conquista della Calabria ancora in mano ai Bizantini; giunse nella valle dell’Esaro-Fullone e qui, su un’altura trovò San Marco, antica città-fortezza, quasi abbandonata e vi si stabilì con i suoi compagni, dopo averla fortificata con una palizzata, secondo l’uso dei Normanni.
Una cronaca in latino scritta da Amato, un monaco di Montecassino vissuto tra l’XI e il XII sec. e tradotta in francese, racconta le vicende di questo valoroso condottiero che in brevissimo tempo riuscì a strappare dalle mani dei Bizantini e costruire quasi un impero. Stabilitosi a San Marco Roberto incominciò a lottare contro le città bizantine della valle che assoggettò in poco tempo, strinse amicizia con Pietro, signore di Bisignano, invitandolo per un incontro amichevole ma catturò a tradimento e lo condusse prigioniero a San Marco chiedendo un grande riscatto per la sua libertà, da questo momento in poi i Normanni appellarono Roberto “Guiscardo”, cioè, l’astuto. Con il denaro del riscatto fece costruire un castello con una grande torre rendendo così San Marco la città più potente dell’intera vallata, ne fece la sua sede e da qui partì alla conquista di tutta la Calabria, nella città di Brahalla insediò sua sorella Mabilia quale reggente della Corona Normanna. Dopo la sua morte, avvenuta improvvisamente, mentre stava preparando una spedizione contro Costantinopoli, San Marco era ormai il centro politico e militare della Calabria. Nel 1098 il suo successore Ruggero riunì a San Marco un grande esercito contro Riccardo, della casata di Altavilla, signore di Capua. Consolidato ormai il potere su tutta l’Italia meridionale, fu organizzata la conquista della Sicilia, che nel frattempo era finita in mano ai Musulmani, completata da Ruggero II che istituì la nuova capitale del regno a Palermo. Da questo momento in poi San Marco passa in secondo piano rispetto alla nuova capitale del Regno Normanno.
LA
STAUROTECA
San Marco Argentano (CS), La Stauoteca |
Con l’avvento degli
Angioini in Calabria si afferma uno stile artistico occidentale che tuttavia
conserva tipologie stilistiche e ideologiche bizantine, ne è un esempio la
Stauroteca si San Marco: presenta un marcato stile artistico bizantino con
elementi occidentali, come la scritta “IESVS NAZARENVS REX IUDEORV”. Il Cristo
appare sulla croce trionfante con gli occhi aperti e i piedi disgiunti, di
chiara derivazione monofisita siro-palestinese, ma realizzato da un artista
evoluto che ricorda le opere del XIII secolo come il Crocefisso di Salerno.
San Marco Argentano (CS), La Stauoteca (rovescio) |
Sul Rovescio compaiono
solo tre dei quattro evangelisti, rappresentati dai rispettivi simboli e
l’Agnello, proibito nel III Concilio di Costantinopoli del 680-81. In base alla
simbologia e allo stile artistico, la Stauroteca di San Marco può essere datata
alla del XIII secolo. Una fonte antica data l’opera al 1308 e cita persino il
nome del donatore: l’abate Tommaso dell’abbazia della Matina. Ciò nonostante
questa datazione non è abbastanza esaustiva perché non si comprende se si
riferisce alla data della donazione o alla sua realizzazione. Comunque, la
Stauroteca di San Marco non è stata ancora sufficientemente studiata i tutti i
suoi dettagli, un’attenta analisi mostra delle discordanze con la datazione di
fine XIII secolo: i lobi della croce e l’epigrafe in caratteri gotici sembrano
delle aggiunte successive alla sua realizzazione; i soggetti raffigurati sui
bracci ostentano una somiglianza con il
soggetto centrale, mentre il Cristo è raffigurato secondo i canoni della
liturgia orientale fortemente basata sui simboli.
San Marco Argentano (CS), La Stauoteca (particolare) |
La fisionomia del volto
richiama quella di un leone, simbolo della Maestà divina e della resurrezione.
Anche sul rovescio vi sono molti elementi discordanti sulla proposta di
datazione alla fine del XIII secolo: sul braccio verticale della croce manca
una placchetta, forse andata perduta, è stata aggiunta una piccola cornice con
decorazione cesellata, manca Matteo, uno dei quattro evangelisti. Tutto ciò
potrebbe indicare che la Stauroteca abbia subito dei rifacimenti che potrebbero
risalire al XIII secolo, mentre l’oggetto originale potrebbe collocarsi all’età
bizantina-normanna.