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E' un mistero.
Non tanto capire l'esatta portata della scoperta archeologica a Torre Melissa
(Crotone) quanto il perché anche stavolta sono dovuti intervenire i carabinieri
del nucleo di tutela del patrimonio culturale a sventare l'ennesimo scempio.
Come si fa, infatti, a scoprire le tracce di un'antica civiltà e invece di
avvertire il mondo di questa scoperta decidere piuttosto di usare le colonne, i
capitelli, i mosaici, tirati fuori casualmente dalla terra dalle ruspe come
materiale decorativo per un villaggio turistico? Ora il cantiere è sotto
sequestro, i reperti pure e due persone sono state denunciate. Grazie
all'attività di indagine sul territorio le autorità sono venute a conoscenza
del ritrovamento di alcune colonne e altri reperti all'interno di un cantiere
per la costruzione di un complesso residenziale. Come si diceva all’inizio,
infatti, i responsabili della costruzione non avevano avvisato gli enti
competenti, proseguendo i lavori e trasportando oltre 50 reperti di varia
natura (colonne, capitelli, mosaici e frammenti vari) in un villaggio turistico
della zona, dove venivano utilizzati come arredamento. Dai primi rilievi
effettuati in emergenza a cantiere aperto (ai quali ho partecipato), si
tratterebbe di una struttura templare di tipo ionico-dorico risalente al IV-III
secolo a.C. La presenza del tempio fa pensare all'esistenza di un insediamento
più ampio. C'è di più. Il ritrovamento di Torre Melissa attesta, ancora una
volta, la densità di frequentazione antica nel territorio di Crotone, in gran
parte ad oggi inesplorato. Il dato concerne tanto l’area più strettamente
metropolitana quanto la provincia, come indicano le recenti scoperte
archeologiche nella frazione Altilia del comune di Santa Severina. Già da una
prima analisi degli elementi architettonici e decorativi, ulteriormente
danneggiati dalle ruspe, si può tentare la ricostruzione di una sequenza
diacronica dell’area santuariale: il rinvenimento di tre rocchi di colonne
doriche, diversi frammenti di triglifi, metope e porzioni del fregio fanno
pensare ad un primi impianto sacro identificabile con un periptero esastilo
dorico ascrivibile alla seconda metà del VI sec. a.C. Il secondo gruppo di
elementi architettonici identificato: rocchi di colonne ioniche, capitello di
lesena, metope cieche e triglifi, base di colonna ionica con toro e spira,
attestano un secondo impianto templare di età ellenistica databile al IV-III
sec. a.C. Da una prima valutazione del contesto si può tentare una
ricostruzione, sia pure approssimativa, del complesso sacro, il primo impianto
doveva essere un oikos in antis, cioè una piccola cella con due o quattro
colonne in antis. Comunque, solo un’indagine stratigrafica in estensione potrà
stabilire una successione diacronica completa del complesso templare. Si tratta
di una scoperta archeologica straordinaria senza precedenti non solo per
l’importanza dei materiali salvati dalle ruspe e della mentalità criminale del
titolare del fondo. Il santuario è posto a pochi metri dal mare, immediatamente
a ridosso della spiaggia di Torre Melissa, ciò indica che doveva trattarsi di
un importante luogo di culto intitolato molto probabilmente a Era protettrice
della città. Quale città? E dove era situata? È fin troppo chiaro che doveva
trattarsi di una polis greca piuttosto importante, data la consistenza
dell’impianto santuariale, da ricercare nelle immediate vicinanze.
Stefano Carbone
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Area del rinvenimento
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