Di Alessandro Amodio - Gazzetta del Sud del 3 settembre 2012
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È ormai noto che la
scure martello fu rinvenuta a San Sosti, in provincia di Cosenza, nel 1846.Tra
il 1857 e il 1860, da Napoli, dove era
stata portata, fu acquistata da Alessandro Castellani, un orafo romano,
collezionista di opere d’arte. Alla sua morte la scure passò con l’intera
collezione a Parigi ed infine, nel 1884 a Londra, presso il British Museum dove
sono conservati altri preziosi reperti provenienti dall’Italia. È tra le opere
più importanti provenienti dalla Magna
Grecia ancora in possesso del Museo Britannico. Oltre al suo pregio artistico,
è il documento più antico, insieme alla tavoletta di Kleombrotos (rinvenuta a
Francavilla Marittima), finora rinvenuto
in questa parte di territorio calabrese. Nel 1996, il sindaco pro-tempore del
Comune di San Sosti, dott/ssa Silvana Perrone, sollecitava un’interrogazione
parlamentare, presentata alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Romano
Caratelli, in merito alla controversia tra il Governo Italiano e quello
Britannico circa la legittimità del possesso e la richiesta di restituzione del
reperto più importante della Calabria. IL 20 giugno dello stesso anno il Ministro
ai Beni Culturali Walter Veltroni comunicava al Sindaco di San Sosti di aver
inoltrato la rivendicazione dell’oggetto al Governo inglese, senza tuttavia
nessun esito. La scure martello fu
offerta come decima da Kyniskòs di Mantinea alla dea Era verso la seconda metà
del VI sec. a.C., come afferma l’epigrafe iscritta sulla penna. Intorno alla
metà del VI secolo a.C. il giovane Kyniskòs vinse una edizione dei giochi
Olimpici, offrendo, evidentemente, un grande spettacolo di questa antica
disciplina sportiva. Alcuni decenni dopo il personaggio godeva ancora di grande
fama atletica e Policleto, tra il 445- e il 438 gli dedicò una scultura in
bronzo che lo ritraeva nell’atto di cingersi la testa con una corona di ulivo,
simbolo della vittoria Olimpica. Le ultime scoperte rivelano, appunto, che
l’offerente era un pancraziaste, cioè un atleta che praticava uno sport più e
meno simile al pugilato moderno, ma dalle regole molto diverse. Si combatteva
avvolgendo dei legacci di cuoio alle mani e permetteva anche l’uso dei piedi,
dei gomiti e delle ginocchia. Il termine “ortamos”,
inciso sulla penna, significa vittimario, poiché, gli avversari di questo
campione uscivano dal combattimento sfregiati o morti. Alcuni eruditi locali,
semplicemente appassionati di archeologia, ritengono che la scure sia stata
rinvenuta a Sant’Agata d’Esaro, attribuzione priva di ogni fondamento
scientifico, tratti in inganno dalla legenda la quale afferma che sia stata
rinvenuta presso le rovine della città di Artemisia, che sarebbe l’attuale
Sant’Agata. Bisogna notare che l’individuazione della città greca in questa
parte di territorio dell’alta valle dell’Esaro è dovuta al Barrio, un uomo di
chiesa vissuto nel XVI secolo, appassionato di storia, il quale, leggendo ed
interpretando arbitrariamente alcune fonti antiche la identificò in quest’area.
Gli scavi archeologici condotti nel 2001 e nel 2003 dall’Università della
Calabria ai Casalini non hanno individuato alcuna traccia di frequentazione
dell’area in età greca. Le evidenze monumentali si riferiscono ad un kastron
bizantino del IX-X sec. d.C. edificato su un impianto fortificato risalente al
VI-VII sec. d.C. In conclusione, il luogo del rinvenimento della scure martello
di Kyniskòs, The boy Boxer, come lo
definiscono gli studiosi britannici, va ricercato più a valle, dove
effettivamente sono stati rinvenute tracce veramente consistenti della presenza
greca, come ad esempio, i resti del santuiarietto risalente al VI sec. a.C.
dedicato ad una divinità femminile, venuto alla luce durante gli scavi
archeologici eseguiti all’interno del chiesa del Carmine, in pieno centro
storico a San Sosti nel 2004, condotti dalla Sovrintendenza per i Beni
Archeologici della Calabria.
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