giovedì 29 dicembre 2011
MALVITO ESPONE I SUOI TESORI D'ARTE
Etichette:
CULTURA
Ubicazione:
87010 Malvito CS, Italia
lunedì 26 dicembre 2011
Rinvenuto il tempio dove pregò San Paolo SCOPERTI I RESTI DEL TEMPIO DI ARTEMIS
Di Stefano Carbone
pubblicato in Martus Journal dicembre 2011
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La storia delle scoperte archeologiche è spesso anche la storia delle variabili che entrano in gioco concorrendo a determinarle.
Nel caso di Carmelo Santonocito, un edicolante sui generis, appassionato di lingue e civiltà antiche, il ritrovamento subacqueo di quelli che, con buona probabilità, si ritiene essere i resti di un tempio, forse pertinente al santuario di Artemis, luogo di culto che ha attraversato intatto i secoli e che, secondo le fonti bizantine, conobbe una delle prime prediche di San Paolo in Italia, è l’esito imprevisto di una ricerca.
Nel caso di Carmelo Santonocito, un edicolante sui generis, appassionato di lingue e civiltà antiche, il ritrovamento subacqueo di quelli che, con buona probabilità, si ritiene essere i resti di un tempio, forse pertinente al santuario di Artemis, luogo di culto che ha attraversato intatto i secoli e che, secondo le fonti bizantine, conobbe una delle prime prediche di San Paolo in Italia, è l’esito imprevisto di una ricerca.
E’ un punto in particolare ad attirare l’attenzione del gruppo, incoraggiandolo a concentrarvi le indagini: uno specchio di mare, collocato a sud della città e oggi denominato Calamizzi.
Non un luogo qualsiasi. Fino alla metà del XVI secolo, in piena età rinascimentale, su quelle acque non lontane dalla costa, si estendeva un promontorio che sprofondò improvvisamente in mare, senza lasciare traccia, alla fine del 1562.
Di Punta Calamizzi non esisterebbero testimonianze figurate se un pittore fiammingo, PieterBruegel il Vecchio, non l’avesse riprodotta in un suo disegno poco prima che questa colasse a picco.
Storia e leggenda trovano qui un punto di convergenza ideale, sostenute dall’autorità delle fonti antiche: il promontorio in questione, in tempi antichissimi, avrebbe ospitato il tempio di Artemis, (che sorgeva non lontano dal sepolcro di Iokastos, mitico figlio di Eolo, là ucciso dal morso di un serpente) e sarebbe stato scelto dai coloni di Calcide per fondarvi la nuova città.
Non solo. A prestar fede alle cronache del VII-VIII, avvenne qui il primo approdo di San Paolo in Italia, durante le feste pagane in onore della dea.
Resti del frontone del tempio |
In quell’occasione, all’apostolo fu concesso di predicare il Vangelo agli abitanti, condizionando però la durata della predica al tempo di consunzione di una candela, posta sopra una colonna rotta del tempio. Leggenda vuole che, una volta disciolta la cera, la colonna prendesse fuoco, permettendo così al santo di continuare a parlare.
Alla nuova fede venne consacrata la primitiva chiesa, guidata da Stefano di Nicea, primo vescovo della città di Reggio e, in epoca bizantina, il monastero di San Nicola Drakonariates.
Quando Punta Calamizzi sprofondò nel giro di pochi attimi un giorno (di dicembre, secondo le cronache contemporanee) del 1562, scomparve per sempre un luogo sacro, un punto in cui tradizione pagana e culto cristiano si intrecciano, raccogliendo l’esperienza religiosa di secoli e spingendo a dar credito ai racconti dei pescatori che, da sempre, narrano di templi e chiese sommerse, proprio in quelle acque.
Le continue scorrerie dei pirati turchi avevano reso necessaria una più imponente fortificazione del porto di Reggio, allora unico porto naturale della Calabria, insieme a quello di Crotone. Mancando però lo spazio adeguato alla costruzione del nuovo fortilizio, si decise di usare l’ampia foce del fiume Calopinace, deviandone il corso e facendolo sfociare a sud di Punta Calamizzi.
Iniziati nel 1547, i lavori subirono un’interruzione nel 1556 per non riprendere più fino al XVIII sec.
Le fonti suddette non rendono conto nemmeno di quell’interruzione, ma è verisimile che il successivo inabissarsi del promontorio debba ascriversi al dissesto idrogeologico causato dallo spostamento del corso del fiume.
E’ lì che Vincenzo Borrelli e Gianni Capolupo della Polizia di Stato, sommozzatori e amici dell’autore, effettuano le prime immersioni.
I sub si ritrovano in poco tempo in un profondo canalone scavato nel fondale, praticamente a ridosso della spiaggia. La spiegazione non poteva essere che una: si trattava della foce del Calopinace dal 1547 al 1562.
A sette-otto metri di profondità, in un sito occupato fino a poco tempo prima da una prateria di poseidonia e sepolto sotto mezzo metro di sabbia, i sub individuano un crollo di ragguardevoli dimensioni, con massi in pietra squadrati, basi e rocchi di colonne, ad interessare un’area di circa otto metri di diametro.
La superficie modanata di uno di questi massi è particolarmente significativa e intorno ad essa si sono raccolte, fin dalle prime immersioni, le speranze degli scopritori: secondo il prof. Castrizio infatti, quell’alternanza di metope e triglifi, ben visibile dalle foto subacquee, farebbe pensare alla trabeazione di un tempio. Il tempio di Artemis?
Alla nuova fede venne consacrata la primitiva chiesa, guidata da Stefano di Nicea, primo vescovo della città di Reggio e, in epoca bizantina, il monastero di San Nicola Drakonariates.
Quando Punta Calamizzi sprofondò nel giro di pochi attimi un giorno (di dicembre, secondo le cronache contemporanee) del 1562, scomparve per sempre un luogo sacro, un punto in cui tradizione pagana e culto cristiano si intrecciano, raccogliendo l’esperienza religiosa di secoli e spingendo a dar credito ai racconti dei pescatori che, da sempre, narrano di templi e chiese sommerse, proprio in quelle acque.
Le continue scorrerie dei pirati turchi avevano reso necessaria una più imponente fortificazione del porto di Reggio, allora unico porto naturale della Calabria, insieme a quello di Crotone. Mancando però lo spazio adeguato alla costruzione del nuovo fortilizio, si decise di usare l’ampia foce del fiume Calopinace, deviandone il corso e facendolo sfociare a sud di Punta Calamizzi.
Iniziati nel 1547, i lavori subirono un’interruzione nel 1556 per non riprendere più fino al XVIII sec.
Le fonti suddette non rendono conto nemmeno di quell’interruzione, ma è verisimile che il successivo inabissarsi del promontorio debba ascriversi al dissesto idrogeologico causato dallo spostamento del corso del fiume.
E’ lì che Vincenzo Borrelli e Gianni Capolupo della Polizia di Stato, sommozzatori e amici dell’autore, effettuano le prime immersioni.
I sub si ritrovano in poco tempo in un profondo canalone scavato nel fondale, praticamente a ridosso della spiaggia. La spiegazione non poteva essere che una: si trattava della foce del Calopinace dal 1547 al 1562.
A sette-otto metri di profondità, in un sito occupato fino a poco tempo prima da una prateria di poseidonia e sepolto sotto mezzo metro di sabbia, i sub individuano un crollo di ragguardevoli dimensioni, con massi in pietra squadrati, basi e rocchi di colonne, ad interessare un’area di circa otto metri di diametro.
La superficie modanata di uno di questi massi è particolarmente significativa e intorno ad essa si sono raccolte, fin dalle prime immersioni, le speranze degli scopritori: secondo il prof. Castrizio infatti, quell’alternanza di metope e triglifi, ben visibile dalle foto subacquee, farebbe pensare alla trabeazione di un tempio. Il tempio di Artemis?
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Archeologia
Ubicazione:
Reggio di Calabria RC, Italia
mercoledì 23 novembre 2011
I CONVEGNO "TESORI DEL PARCO DEL POLLINO"
Sabato 12 Novembre 2011 si è tenuto a Malvito, presso la sede della Comunità Montana Unione delle Valli il I Convegno di presentazione del I volume “TESORI DEL PARCO DEL POLLINO – civiltà a confronto: l’ideologia del potere nel mondo antico.
Alla manifestazione, moderata da Alessandro Amodio, corrispondente della Gazzetta del Sud, hanno preso parte il Presidente dell’Ente Parco Nazionale del Pollino, On. Domenico Pappaterra; il consigliere regionale, On. Gianpaolo Chiappetta; l’assessore provinciale per il dissesto idro-geologico, Diana. Per il Comune di San Sosti ha preso la parola Vincenzo De Marco, consigliere di minoranza dell’ex-amministrazione Sirimarco.
I lavori del convegno sono stati aperti dalla premessa di Amodio che ha sottolineato l’impegno profuso dalla Martus Editore nello studio e valorizzazione del Patrimonio Culturale dello Stato.
Il Sindaco di Malvito Prof. Giovanni Cristofalo, nel suo intervento di saluto alle istituzioni ed ai presenti ha sottolineato l’importante opera di studio, tutela e valorizzazione che la Martus Editore sta portando avanti nel comune di Malvito e nella valle dell’Esaro.
Per la casa editrice sansostese ha relazionato Antonio Cozzitorto, assistente tecnico-scientifico nello staff della Martus Editore, che Amodio, nella sua premessa ha definito il volto nuovo che rappresenta ormai la valle dell’Esaro. La figura di questo giovane, poco più che ventenne, ha aggiunto il corrispondente della Gazzetta del Sud, è il volto della casa editrice, assiduamente presente sulle pagine culturali della più importante testata giornalistica calabrese e sulle prime pagine di Google.
Antonio ha illustrato dettagliatamente tutte le attività della casa editrice dalla fondazione ad oggi, nonché i progetti futuri, come il II volume “Tesori del Parco”, la cui uscita è prevista per l’estate del 2012.
Particolarmente interessante è stato l’intervento del Presidente del Parco Nazionale del Pollino, che ha sottolineato l’impegno della Martus Editore sul territorio e l’importanza del Volume nella promozione del Patrimonio Culturale del Parco.
L’On. Pappaterra ha suggerito di inserire nel II volume dell’opera anche l’importante sito archeologico di Pauciuri (Malvito), in quanto, immediatamente a ridosso dell’area protetta del Parco.
L’antico abitato di Pauciuri è ubicato lungo la strada provinciale che conduce al Santuario Regionale della Madonna del Pettoruto, già meta di migliaia di visitatori provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero. Far conoscere questo importante sito, ha continuato, significherebbe creare un percorso turistico di rilevante interesse.
Netta la sua presa di posizione di critica verso l’operato dell’ex-amministrazione Sirimarco, già rimarcata nell’intervento di Antonio Cozzitorto. La fallimentare gestione politica, oggi finalmente conclusa, ha detto l’On. Pappaterra, non ha voluto far tesoro delle risorse messe a disposizione dell’Ente Parco per il mantenimento del Museo “San Sozonte”, fiore all’occhiello dell’intera comunità.
Prettamente tecnico è stato l’intervento del dott. Angelo Martucci, fondatore della casa editrice Martus Editore, che ha presentato più nei dettagli i contenuti dell’opera.
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CULTURA
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87010 Malvito CS, Italia
lunedì 21 novembre 2011
TREBISACCE: NUOVE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE - Concesso un finanziamento di 500.000, 000 Euro dalla Sociatà Arcus
A cura di Stefano Carbone. Pubblicato in Martus Journal di Ottobre 2011
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Sono 7 anni che gli scavi hanno deciso di aprirsi ancor più alle comunità dell'Alto Jonio, per testimoniare concretamente le potenzialità del Parco archeologico come risorsa per un uso esteso del territorio, per una integrazione positiva tra archeologia, cultura e svago.
L'evento di quest'anno ha avuto anche una particolare importanza, perché viene a festeggiare l'imminente ripresa dei lavori per il completamento del parco archeologico, reso possibile da un finanziamento di 500.000€ concesso dalla società Arcus spa, unico attribuito alla Calabria per il 2010. I progetti sono quasi ultimati, e l'attesa è quella di ritrovarsi, tra un anno, con una struttura di Parco archeologico pronta per il grande salto verso l'apertura continuata, che diventi un motore della vita culturale e turistica trebisaccese e dell'Alto Jonio.
Inoltre, le continue scoperte, che saranno presto illustrate nella conferenza finale degli scavi, portano sempre nuovi reperti ed evidenze per la comprensione della nobile civiltà degli Enotri.
Gli scavi nell’antico sito di Broglio, presso Trebisacce, si sono arricchiti di nuove scoperte. Infatti, nell’area della struttura seminterrata è emersa un’ampia vasca di circa 5 metri per 2 ripetutamente e variamente rivestita nel tempo. La vasca ed i livelli circostanti sono stati datati dal direttore degli scavi, prof. Alessandro Vanzetti, al 1150-950 a.C. Dagli scavi sono emersi anche ulteriori pezzi dei cavallini in ceramica dipinta già ritrovati in precedenti scavi. Il ritrovamento dell’importante struttura rituale idrica conferma la lettura fatta dall’arch. Maurizio Silenzi sulla funzione templare dell’intero sito di Broglio. L’architetto romano infatti, nella sua conferenza tenuta il 26 marzo scorso nell’Aula Consiliare del Comune di Trebisacce, aveva, per la prima volta, interpretato il sito di Broglio come una zona templare dedicata alla divinità Dioniso (noto anche con l’epiteto di Bromios, da cui Broglio). C’è da augurarsi che la Soprintendenza archeologica ed il Comune di Trebisacce procedano anche alla ripresa degli scavi in località Chiusa (sulla vecchia 106), onde far emergere altri reperti (oltre all’impianto di chiusa idraulica già emerso) inerenti la supposta antica salina (anch’essa, insieme ad altre originali interpretazioni, indicata per la prima volta dall’architetto Silenzi nella sua conferenza). Giova anche ricordare che l’architetto, grazie alle sue ricerche e scoperte, aveva legato la fondazione di Trebisacce sul Bastione proprio all’esistenza della salina naturale e dell’antecedente pescoso bassofondo.
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Archeologia
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87075 Trebisacce CS, Italia
lunedì 14 novembre 2011
I CONVEGNO "TESORI DEL PARCO DEL POLLINO" RELAZIONE A CURA DI ANTONIO COZZITORTO
La nostra casa editrice, fondata da Angelo Martucci, è presente sul territorio dal 2008 e si occupa dello studio, della catalogazione, della valorizzazione e della diffusione del patrimonio culturale, in particolare quello archeologico e monumentale, troppo spesso abbandonato al degrado e facile preda dei soliti cercatori di tesori.
Sia pure tra mille difficoltà di ogni genere, il nostro staff vuole portare avanti un progetto molto vasto, cioè quello dello studio dei siti archeologici del Parco Nazionale del Pollino.
Il nostro progetto è senza dubbio lungo e difficile da realizzare, tuttavia, siamo fortemente motivati dalla passione per l'archeologia e dall'importante sostegno, soprattutto morale di istituzioni come l'Ente Parco, la Provincia di Cosenza e alcuni Comuni come Malvito, e San Donato di Ninea.
In questi tre anni di attività, il nostro staff ha lavorato alla pubblicazione di 5 video-documentari, in dvd che hanno riscosso un notevole ed inaspettato successo di pubblico, soprattutto di giovani, l'ultimo, interamente dedicato all'abitato romano scoperto in Contrada Pauciuri, nel Comune di Malvito, uscirà tra pochi giorni e sarà presentato alla XIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico che si tiene ogni anno a Paestum e che ha già ospitato la nostra casa editrice nello stand allestito dalla Provincia di Cosenza.
Nell'ambito di questa importante manifestazione culturale abbiamo presentato il primo numero del documentario intitolato Viaggio nel Tempo, dedicato ai siti archeologici dei comuni di San Sosti e San Donato di Ninea.
Oltre ai video-documentari, abbiamo pubblicato, nel 2010 la tesi di laurea del dott. Stefano Carbone sugli insediamenti protostorici della Sibaritide.
L'ultimo lavoro cartaceo, iniziato nel 2010, è quello che presentiamo questa sera, intitolato Tesori del Parco del Pollino, che illustrato dal Angelo Martucci.
Gli obbiettivi essenziali della nostra casa editrice sono, dunque, lo studio, la catalogazione e la tutela del Patrimonio archeologico e monumentale.
Nel 2008 abbiamo partecipato con la Soprintendenza Archeologica della Calabria alla catalogazione dei reperti rinvenuti sul territorio di San Sosti, provenienti da scavi archeologici e da ricognizioni di superficie e all'allestimento di una mostra temporanea degli oggetti catalogati.
La mostra, inaugurata nel mese di agosto 2008 e conclusa a febbraio del 2009, ha registrato oltre 2000 visitatori.
Purtroppo il Museo San Sozonte di San Sosti è stato chiuso per cause ben note riguardanti un’amministrazione comunale deludente e attualmente dimissionaria, incapace di far tesoro delle risorse messe a loro disposizione.
Ci stiamo occupando delle manutenzione dell'area archeologica di Pauciuri, che abbiamo ripulito da rovi, sterpaglie e rifiuti di ogni genere e finalmente restituita ai visitatori.
Stiamo collaborando con la Soprintendenza Archeologica della Calabria e con il comune di Malvito all'allestimento di una mostra archeologica dei reperti più belli e significativi rinvenuti durante gli scavi archeologici in contrada Paucuiri, contemporaneamente stiamo lavorando al secondo volume di Tesori del Parco del pollino la cui uscita è prevista per l'estate del 2012.
Fiore all'occhiello della Martus Editore è il Martus Journal, un periodico di informazione dedicato in gran parte al patrimonio culturale, che si avvale della preziosa collaborazione di quattro corrispondenti, tre responsabili di redazione ed un redattore capo.
Inoltre, costantemente, avanti un'azione di sensibilizzazione delle popolazioni locali alla tutela del patrimonio archeologico e di promozione, con la creazione di un sito internet, che in soli tre mesi conta oltre 6000 visita da ogni parte del mondo.
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87010 Malvito CS, Italia
giovedì 10 novembre 2011
MALVITO: LUOGO D'ARTE E DI CULTURA
A cura della radazione Martus Eitore
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Sono due gli appuntamenti culturali di straordinaria importanza che vedranno il comune di Malvito protagonista in tutta la valle dell’Esaro e oltre.
Sabato 12 novembre presso la sede della Comunità Montana “Unione delle Valli” sarà presentato un volume sui siti archeologici del Parco Nazionale del Pollino dal titolo “TESORI DEL PARCO DEL POLLINO – civiltà a confronto: l’ideologia del potere nel mondo antico”, cura della casa editrice Martus Editore di San Sosti.
All’evento prenderanno parte personalità di primo piano del Consiglio Regionale e di quello Provinciale; docenti e ricercatori dell’Università della Calabria ed i sindaci dei comuni del Parco e della Valle dell’Esaro.
Il secondo appuntamento è la partecipazione alla XIV BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO, che si svolgerà a Paestum, (Sa) dal 17 al 20 di novembre, nello stand allestito dalla Provincia di Cosenza.
La Borsa è una vetrina sul mondo e proprio in questo ambito il Comune di Malvito esporrà le i suoi tesori culturali che saranno apprezzati da visitatori provenienti da tutto il mondo.
There are two extremely important cultural events that will see the town of Malvito Esaro protagonist throughout the valley and beyond.
Saturday, November 12 at the headquarters of the Mountain Community "Union of the Valley" will be presented a series on archaeological sites in the Pollino National Park entitled "Treasures of the Pollino Park - civilizations: the ideology of power in the ancient world", by Editor of the publishing house of St. Sosti Martus.
The event was attended by prominent figures of the Regional Council and the Provincial, professors and researchers at the University of Calabria and the mayors of the towns of Valley Park and Esaro.
The second event is the participation in the XIV ARCHAEOLOGICAL Mediterranean Tourism Exchange, to be held in Paestum (SA) 17-20 November, booth set up by the Province of Cosenza.
The stock market is a showcase for the world and in this context, the City of Malvito will exhibit its cultural treasures that will be appreciated by visitors from all over the world.
Saturday, November 12 at the headquarters of the Mountain Community "Union of the Valley" will be presented a series on archaeological sites in the Pollino National Park entitled "Treasures of the Pollino Park - civilizations: the ideology of power in the ancient world", by Editor of the publishing house of St. Sosti Martus.
The event was attended by prominent figures of the Regional Council and the Provincial, professors and researchers at the University of Calabria and the mayors of the towns of Valley Park and Esaro.
The second event is the participation in the XIV ARCHAEOLOGICAL Mediterranean Tourism Exchange, to be held in Paestum (SA) 17-20 November, booth set up by the Province of Cosenza.
The stock market is a showcase for the world and in this context, the City of Malvito will exhibit its cultural treasures that will be appreciated by visitors from all over the world.
Υπάρχουν δύο πολύ σημαντικές πολιτιστικές εκδηλώσεις που θα δει την πόλη του πρωταγωνιστή Malvitu Aisaros σε όλη την κοιλάδα και πέρα.
Το Σάββατο, 12 Νοέμβρη στην έδρα της Κοινότητας Montana "Ένωση της Κοιλάδας" θα παρουσιαστεί μια σειρά σε αρχαιολογικούς χώρους στην Pollino Εθνικό Πάρκο με τίτλο "Θησαυροί του Parco del Pollino - συγκρίνουν πολιτισμούς: την ιδεολογία της εξουσίας στον αρχαίο κόσμο», με Εκδότης του εκδοτικού οίκου του Αγίου Σώστη Martus.
Στην εκδήλωση παρέστησαν προσωπικότητες του Περιφερειακού Συμβουλίου και του επαρχιακού, καθηγητές και ερευνητές στο Πανεπιστήμιο της Καλαβρίας και τους δημάρχους των πόλεων της κοιλάδας Parco και Aisaros.
Το δεύτερο γεγονός είναι η συμμετοχή στην XIV ΑΡΧΑΙΟΛΟΓΙΚΟ Μεσογείου Τουρισμού Archeologico, που θα πραγματοποιηθεί στο Paestum 17 με 20 Νοέμβριος, περίπτερο που συστάθηκε από την επαρχία της Cosenza.
Η χρηματιστηριακή αγορά είναι μια βιτρίνα για τον κόσμο και στο πλαίσιο αυτό, ο Δήμος του Malvitum θα παρουσιάζουν πολιτιστικούς θησαυρούς της, που θα εκτιμηθούν από τους επισκέπτες από όλο τον κόσμο.
Το Σάββατο, 12 Νοέμβρη στην έδρα της Κοινότητας Montana "Ένωση της Κοιλάδας" θα παρουσιαστεί μια σειρά σε αρχαιολογικούς χώρους στην Pollino Εθνικό Πάρκο με τίτλο "Θησαυροί του Parco del Pollino - συγκρίνουν πολιτισμούς: την ιδεολογία της εξουσίας στον αρχαίο κόσμο», με Εκδότης του εκδοτικού οίκου του Αγίου Σώστη Martus.
Στην εκδήλωση παρέστησαν προσωπικότητες του Περιφερειακού Συμβουλίου και του επαρχιακού, καθηγητές και ερευνητές στο Πανεπιστήμιο της Καλαβρίας και τους δημάρχους των πόλεων της κοιλάδας Parco και Aisaros.
Το δεύτερο γεγονός είναι η συμμετοχή στην XIV ΑΡΧΑΙΟΛΟΓΙΚΟ Μεσογείου Τουρισμού Archeologico, που θα πραγματοποιηθεί στο Paestum 17 με 20 Νοέμβριος, περίπτερο που συστάθηκε από την επαρχία της Cosenza.
Η χρηματιστηριακή αγορά είναι μια βιτρίνα για τον κόσμο και στο πλαίσιο αυτό, ο Δήμος του Malvitum θα παρουσιάζουν πολιτιστικούς θησαυρούς της, που θα εκτιμηθούν από τους επισκέπτες από όλο τον κόσμο.
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mercoledì 9 novembre 2011
PATRIMONIO ARCHEOLOGICO A RISCHIO. E' grave il disinteresse dell'amministrazione comunale
Di Giovanni Martucci
in Martus Journal di settembre 2011
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Studio, Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Culturale ed Ambientale quale volano di sviluppo economico, legato proprio alla salvaguardia del Patrimonio dello Stato e quindi dei cittadini.
Nella tabella che segue sono riportati le aree di interesse archeologico ricadenti nel territorio comunale di San Sosti altamente a rischio distruzione in assenza di una seria politica di tutela da parte delle istituzioni preposte, in primo luogo, del Comune di San Sosti.
- Loc. Ministalla: II-I sec. d. c. insediamento romano.
- Loc. Castello della Rocca: X sec. d. c. insediamento bizantino.
- Loc. Casalini: VI-VII sec. d. c. insediamento longobardo- bizantino.
- Loc. Cerreto: II-I sec. a . C. insediamento romano.
- Loc. Murtille, chiesa di Santo Stefano: X-XI sec. d.c. chiesa bizantina.
- Loc. Murtille: IV sec. a. C. insediamento ellenistico.
- Loc. Serra: XII-XI sec. a. C. insediamento Enotrio.
- Loc. Badia: monastero di San Sozon IX-X sec. d. C.
- Centro storico: chiesa di San Francesco di Paola.
-Centro storico.
- Loc. San Nicola: monastero di San Nicola X-XI sec. d. C.
-Loc. Fra’ Giovanni: IX-X sec. d. C. fontana del monastero di San Sozon.
- Loc. San Nicola: monastero di San Nicola X-XI sec. d. C.
- Loc. Fra’ Giovanni: IX-X sec. d. C. fontana del monastero di San Sozon.
- Loc. San Francesco-Pironea: insediamento protostorico.
- Loc. Livata: insediamento protostorico.
- Loc. Varco: acquedotto medievale.
- Loc. Tilibio: necropoli alto-medievale.
- Loc. Tilibbio: Insediamento ellenistico-romano
- Loc. Castelluccia: kastron bizantino, IX-X sec. d.C.
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87010 San Sosti CS, Italia
lunedì 31 ottobre 2011
VIAGGIO NEL TEMPO Vol. III - L'abitato romano di Pauciuri - Una produzione Martus Editore - Condotto a cura di Antonio Cozzitorto
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Documentario
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87010 San Sosti CS, Italia
mercoledì 26 ottobre 2011
MALVITO PRESENTA I SUOI TESORI CULTURALI ALLA XIV BORSA MEDITERRANEA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM In primo piano il video-documentario "Viaggio nel Tempo - L'abitato romano di Pauciuri"
È un’occasione impedibile per il Comune della valle dell’Esaro affinché il proprio patrimonio archeologico e storico venga presentato ad un pubblico vastissimo proveniente da ogni parte del Pianeta.
Durante la scorsa edizione, lo stand della Provincia di Cosenza è stato visitato da ben 5000 persone, tra cui tanti studiosi ed esperti del settore, nonché tour operetors nazionali ed internazionali.
Stand della Provincia di Cosenza alla XIII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico del 2010 |
Anche quest’anno, la Provincia cosentina ha ritenuto doveroso utilizzare pienamente la “vetrina” di Paestum, per diffondere il patrimonio dei beni culturali del nostro territorio e non perdere un’importante occasione di promozione turistica.
In questo prestigioso contesto, il Comune di Malvito ha pensato di presentare al mondo i suoi straordinari tesori d’arte: il maestoso castello normanno, fondato al tempo di Roberto d’Altavilla, il suggestivo borgo medievale e soprattutto il grande abitato romano scoperto in contrada Pauciuri, ancora in fase di studi, da parte dell’Università della Calabria e della Soprintendenza Archeologica, nonché i reperti più belli e significativi provenienti dagli scavi archeologici.
Sarà proprio l’area archeologica di Pauciuri la protagonista dell’iniziativa: nello stand verrà proiettato il video documentario in dvd prodotto dalla casa editrice Martus Editore, presentato a cura di Antonio Cozzitorto.
Il documentario illustra scientificamente e dettagliatamente tutte le fasi di vita dell’insediamento e la destinazione d’uso degli antichi edifici.
La XIV Borsa del Turismo Archeologico di Paestum è aperta anche agli operatori turistici presenti sul territorio, i quali, sicuramente non perderanno un’occasione unica ed irripetibile di tale portata.
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87010 Malvito CS, Italia
giovedì 20 ottobre 2011
A San Sosti durante i lavori di restauro e consolidamento di un edificio nella zona urbana antica RITROVAMENTI MONILI DI EPOCA ROMANA Trova conferma l'importante valore storico e archeologico del comune cosentino
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lunedì 17 ottobre 2011
ROGGIANO GRAVINA_LOC. CASTIGLIONE SETTEVENE
La località Castiglione Settevene è ubicata a nord del centro abitato di Roggiano G. alla confluenza dell’Esaro-Rosa-Occido su una collina stretta ed allungata ad una quota di 146 m slm.
L’area di interesse archeologico si estende per oltre 40 ettari.
In base ai dati forniti dalla grande quantità di materiali archeologici sparsi su tutta la superficie si può datare il contesto alla media età del Bronzo con una continuità di vita fino al IV-III secolo a.C.
La ceramica più antica è quella ad impasto grezzo, modellata a mano, con grossi inclusi di quarzo e piccole pietruzze, impastata con modeste quantità di paglia sminuzzata individuabile in sezione.
L’argilla è di colore rossastro o brunastro, due frammenti raccolti hanno un rivestimento ferroso di colore rossastro, uno dei due frammenti presenta una decorazione applicata con la semplice pressione delle dita, gli altri due frammenti presentano una superficie steccata di colore di colore nerastro.
Questa tipologia di ceramica si rinviene soprattutto in prossimità dello strapiombo occidentale in associazione ad alcuni contesti abitativi del Bronzo medio, distrutti nel corso dei lavori per la realizzazione di un uliveto.
Al centro della pianura, sul punto più alto, è visibile un edificio rettangolare orientato OE, con un notevole accumulo di materiali; nelle immediate vicinanze della struttura sono stati raccolti numerosi frammenti di ceramica, tra i quali quelli più antichi sono: un orlo/porzione di parete di una situla ad impasto di colore rossastro, con decorazioni applicate in rilievo; porzione di parete/orlo di una tazza con orlo a listello decorata a puntinature, l’oggetto è definito della tipologia “appenninica”, datato al X-IX secolo a.C.; è realizzato con un impasto di colore nerastro e grossi inclusi di quarzo visibili in sezione; frammenti di pareti con tracce di dipinture geometriche di colore rosso o bruno; diversi frammenti di ceramica a figure nere, a figure rosse, a vernice nera; 42 pesi da telaio di uso rituale, di varie dimensioni, quattro di essi recano il bollo, una stadera di argilla e alcuni utensili per la tessitura e la filatura, che trovano confronto con gli utensili rinvenuti nella capanna delle tessitrici a Francavilla Marittima ; frammenti di capitello e frammenti di colonne di 2 m di circonferenza.
In base ai materiali rivenuti si può ipotizzare che forse si tratta di un edificio di culto di un grande agglomerato urbano.
Non è inoltre da escludere che probabilmente si tratta di un centro enotrio divenuto, poi, una delle 25 città soggette a Sibari di cui Parla Ecateo di Mileto.
Le abitudini di vita quotidiana degli antichi abitanti di Castiglione sono testimoniate dagli utensili di uso giornaliero: è attestato il simposion che rappresentava un momento importante nella società greca: era essenzialmente un banchetto, ma era anche momento di incontro dove si ragionava su ogni argomento di ordine sociale.
Le forme tipiche sono gli skyphoi, presenti in numerosi esemplari, i kantharoy, i crateri, gli oinochoai, le anforette. Mentre il simposion rappresentava un aspetto sociale maschile, la cosmesi rappresentava un aspetto di vita quotidiano femminile, gli oggetti per la cosmesi femminile rinvenuti a Castiglione sono: le pissidi, le piccole coppette, le lekane.
E’ attestata la cura del corpo maschile con i piccoli unguentari, le bottigliette ed altri oggetti per la palestra. Particolarmente abbondante è la ceramica di uso comune: da cucina, da dispensa e da trasporto.
Sono presenti le olle in tutte le varianti morfologiche e le anfore, sono stati rinvenuti due esempi diversi di bacino: uno con orlo a tesa e bordo lievemente arrotondato con decorazioni a linee verticali incise di forma regolare; l’argilla è di colore brunastro con inclusi di colore bianco; l’altro con orlo a tesa difettato durante la lavorazione, l’argilla è di colore arancio-rosato con inclusi micacei in superficie.
Frammenti di dolia sparsi in prossimità di alcuni edifici affioranti dal terreno testimoniano la produzione e le conservazione di derrate alimentari.
Esisteva certamente un centro per la produzione della ceramica, attestato dai bolli su alcuni frammenti rinvenuti in superficie, dalla tipologia dell’argilla usata nella realizzazione dei manufatti che in base ad una prima analisi macroscopica di alcuni manufatti, sembrerebbe quella del luogo. Si rinvengono numerosi scarti di vasellame difettato durante la cottura o durante la lavorazione e numerose scorie metalliche.
Angelo Martucci - Giovanni Martucci
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Anello in bronzo, V sec. a.C. (Conservato nel Museo Nazionale della Sibaritide) |
Pesi da telaio, V-IV sec. a.C. (Conservati nel Museo Nazionale della Sibaritide) |
Piede di kantharos, VI sec. a.C. (Conservato nel Museo Nazionale della Sibaritide) |
Piede Kantharos (Sezione e prospetto) |
Coppetta, IV sec. a.C. (Conservata nel Museo Nazionale della Sibaritide) |
Coppetta (sezione e prospetto) |
La località Castiglione Settevene è ubicata a nord del centro abitato di Roggiano G. alla confluenza dell’Esaro-Rosa-Occido su una collina stretta ed allungata ad una quota di 146 m slm.
L’area di interesse archeologico si estende per oltre 40 ettari.
In base ai dati forniti dalla grande quantità di materiali archeologici sparsi su tutta la superficie si può datare il contesto alla media età del Bronzo con una continuità di vita fino al IV-III secolo a.C.
La ceramica più antica è quella ad impasto grezzo, modellata a mano, con grossi inclusi di quarzo e piccole pietruzze, impastata con modeste quantità di paglia sminuzzata individuabile in sezione.
L’argilla è di colore rossastro o brunastro, due frammenti raccolti hanno un rivestimento ferroso di colore rossastro, uno dei due frammenti presenta una decorazione applicata con la semplice pressione delle dita, gli altri due frammenti presentano una superficie steccata di colore di colore nerastro.
Questa tipologia di ceramica si rinviene soprattutto in prossimità dello strapiombo occidentale in associazione ad alcuni contesti abitativi del Bronzo medio, distrutti nel corso dei lavori per la realizzazione di un uliveto.
Al centro della pianura, sul punto più alto, è visibile un edificio rettangolare orientato OE, con un notevole accumulo di materiali; nelle immediate vicinanze della struttura sono stati raccolti numerosi frammenti di ceramica, tra i quali quelli più antichi sono: un orlo/porzione di parete di una situla ad impasto di colore rossastro, con decorazioni applicate in rilievo; porzione di parete/orlo di una tazza con orlo a listello decorata a puntinature, l’oggetto è definito della tipologia “appenninica”, datato al X-IX secolo a.C.; è realizzato con un impasto di colore nerastro e grossi inclusi di quarzo visibili in sezione; frammenti di pareti con tracce di dipinture geometriche di colore rosso o bruno; diversi frammenti di ceramica a figure nere, a figure rosse, a vernice nera; 42 pesi da telaio di uso rituale, di varie dimensioni, quattro di essi recano il bollo, una stadera di argilla e alcuni utensili per la tessitura e la filatura, che trovano confronto con gli utensili rinvenuti nella capanna delle tessitrici a Francavilla Marittima ; frammenti di capitello e frammenti di colonne di 2 m di circonferenza.
In base ai materiali rivenuti si può ipotizzare che forse si tratta di un edificio di culto di un grande agglomerato urbano.
Non è inoltre da escludere che probabilmente si tratta di un centro enotrio divenuto, poi, una delle 25 città soggette a Sibari di cui Parla Ecateo di Mileto.
Le abitudini di vita quotidiana degli antichi abitanti di Castiglione sono testimoniate dagli utensili di uso giornaliero: è attestato il simposion che rappresentava un momento importante nella società greca: era essenzialmente un banchetto, ma era anche momento di incontro dove si ragionava su ogni argomento di ordine sociale.
Le forme tipiche sono gli skyphoi, presenti in numerosi esemplari, i kantharoy, i crateri, gli oinochoai, le anforette. Mentre il simposion rappresentava un aspetto sociale maschile, la cosmesi rappresentava un aspetto di vita quotidiano femminile, gli oggetti per la cosmesi femminile rinvenuti a Castiglione sono: le pissidi, le piccole coppette, le lekane.
E’ attestata la cura del corpo maschile con i piccoli unguentari, le bottigliette ed altri oggetti per la palestra. Particolarmente abbondante è la ceramica di uso comune: da cucina, da dispensa e da trasporto.
Sono presenti le olle in tutte le varianti morfologiche e le anfore, sono stati rinvenuti due esempi diversi di bacino: uno con orlo a tesa e bordo lievemente arrotondato con decorazioni a linee verticali incise di forma regolare; l’argilla è di colore brunastro con inclusi di colore bianco; l’altro con orlo a tesa difettato durante la lavorazione, l’argilla è di colore arancio-rosato con inclusi micacei in superficie.
Frammenti di dolia sparsi in prossimità di alcuni edifici affioranti dal terreno testimoniano la produzione e le conservazione di derrate alimentari.
Esisteva certamente un centro per la produzione della ceramica, attestato dai bolli su alcuni frammenti rinvenuti in superficie, dalla tipologia dell’argilla usata nella realizzazione dei manufatti che in base ad una prima analisi macroscopica di alcuni manufatti, sembrerebbe quella del luogo. Si rinvengono numerosi scarti di vasellame difettato durante la cottura o durante la lavorazione e numerose scorie metalliche.
Angelo Martucci - Giovanni Martucci
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E' una collina a quota 146 m s.l.m. ubicata alla confluenza dell’Esaro e dell’Occido, sulla sinistra della strada provinciale Roggiano-San Sosti.
L’area è estesa oltre 40 ettari e domina entrambe le vallate dei due fiumi, in una posizione geografica cruciale per il controllo dell’immenso territorio, delimitato a nord-ovest dalla catena appenninica del Pollino e della via istmica Sybaris-Laos.
Dal punto di vista morfologico la collina di Castiglione è costituita da tre vette, stretta ed allungata in direzione ovest-est, la sua sommità è pianeggiante; il lato est termina con uno strapiombo sull’Esaro di circa 50 m; il lato sud digrada in direzione della pianura sottostante senza interruzioni.
Le prime tracce di insediamento risalgono al Bronzo medio: in prossimità dello strapiombo occidentale sono stati danneggiati alcuni focolari di capanne, in questo punto sono state rinvenute brevi porzioni di battuto argilla concotta, ceramica ad impasto con rivestimento rossastro o/e nerastro e decorazioni plastiche applicate . È stato rinvenuto un cospicuo fr. di tazza del tipo “Appenninico” realizzata con un impasto bruno e decorazioni a punzonature impostate sotto l’orlo.
L’area è estesa oltre 40 ettari e domina entrambe le vallate dei due fiumi, in una posizione geografica cruciale per il controllo dell’immenso territorio, delimitato a nord-ovest dalla catena appenninica del Pollino e della via istmica Sybaris-Laos.
Dal punto di vista morfologico la collina di Castiglione è costituita da tre vette, stretta ed allungata in direzione ovest-est, la sua sommità è pianeggiante; il lato est termina con uno strapiombo sull’Esaro di circa 50 m; il lato sud digrada in direzione della pianura sottostante senza interruzioni.
Le prime tracce di insediamento risalgono al Bronzo medio: in prossimità dello strapiombo occidentale sono stati danneggiati alcuni focolari di capanne, in questo punto sono state rinvenute brevi porzioni di battuto argilla concotta, ceramica ad impasto con rivestimento rossastro o/e nerastro e decorazioni plastiche applicate . È stato rinvenuto un cospicuo fr. di tazza del tipo “Appenninico” realizzata con un impasto bruno e decorazioni a punzonature impostate sotto l’orlo.
Stefano Carbone
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Archeologia
Ubicazione:
87017 Roggiano Gravina CS, Italia
martedì 4 ottobre 2011
IL MONASTERO BIZANTINO DEL PANTANO A S. DONATO DI NINEA (CS)
sansosti-fenice.blogspot.com |
Il primo video documentario sul patrimonio artistico di San donato di Ninea, prodotto dalla Martus Editore, condotto a cura di Antonio Cozzitorto _____________________________________________________ |
Il monastero del Pantano fu costruito tra il X e il X sec. sui resti di strutture più antiche, sorge lungo la via che anticamente proveniva da kstron di Ag. Sostis in direzione del santuario rupestre di Sant'Angelo e proseguiva verso l'antico abitato di San Donato.
Dell'antico monastero bizantino si conserva la chiesa e porzioni di strutture murarie.
Fino a poco tempo fa, la chiesetta del Pantano era considerata una semplice cappella di fabbrica recente, senza alcun pregio artistico.
Nel corso dei lavori di restauro iniziati nel 2003 è avvenuta una scoperta sensazionale che ne anticipa la data di costruzione di almeno otto secoli.
E' stato riportato alla luce un bellissimo tempietto bizantino nascosta da diversi strati di intonaco e rifacimenti strutturali apportati nel tempo.
Da un'attenta analisi del contesto si possono individuare i diversi interventi edilizi che ne hanno radicalmente mutato l'aspetto.
La facciata esposta a Sud-Est si presenta a doppio spiovente, si accede alla navata mediante una breve scalinata a pianta circolare. L'analisi della stratigrafia muraria indica che sul lato sinistro dell'edificio è stato aggiunto, nel XVIII secolo, un secondo corpo di fabbrica più arretato rispetto a quello centrale. Da una prima valutazione del contesto si comprende che anticamente la chiesa era una mono-navata molto più piccola come la vediamo noi oggi e subbì diversi rimaneggiamenti strutturali.
le modifiche più evidenti si notano soprattutto nell'orientamento della pianta: oggi l'altare è rivolto a Nord-Est, mentre la pianta antica esponeva l'abside ad Est secondo i canoni della liturgia bizantina. Infatti sul muro destro si nota il catino absidale, sormonatto da una doppia fila di monofore a tutto sesto, murato verso la tarda età normanna. Lingresso era posto sul lato lungo dove attualmente sorge l'altare.
Nel corso dei lavori per la sistemazione del piazzale antistante è stato scoperto un edificio rettangolare diviso in due ambienti, databile, tra il VI e l'VIII sec. d.C.
Scavo archeologico Luglio-Agosto 2007, diretto dal Dott. Angelo Martucci. Edificio del VI-VIII sec. d.C. |
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Da un'attenta analisi del contesto si può concludere che la chiesetta intitolata a San Donato Vescovo e Martire, fu costruita tra il X e l'XI secolo sui resti di strutture preesistenti e subì numerosi rifacimenti strutturali che ne mutarono la pianta e l'orientamento.
Comprendere meglio la storia dell'edificio analizzeremo le splendide pitture ad affresco che un tempo ornavano le pareti interne dell'antico tempietto bizantino.
Dalla rimozione degli intonaci è stato riportato alla luce un palinsesto di pitture figurate, cioè due diversi strati di intonaco dipinti ad affresco realizzati in due momenti diversi: lo strato più antico è databile al X-XI secolo; quello più recente al XII-XIII.
Il primo registro di pitture, campito sulla parete destra, in prossimità dell'entrata, è quello che raffigura i due santi, Leonardo e Antonio Abate, risalenti al XIII secolo.
Palinsesto di affreschi sulla parete destra. Visione d'insieme |
Leonardo era un santo eremita vissuto nel V secolo al tempo di re Clodoveo. E' il protettore degli infelici, dei carcerati e dei viandanti.
Regge nella mano sinistra il pastorale a forma di serpente attorcigliato, simbolo della Trinità del Cristo e la catena, simbolo dei patimenti.
Antonio abate era un altro santo eremita nato nel 251 ad Eracleopoli in Egitto. E' uno dei fondatori del monachesimo orientale, molto celebrato soprattutto in Calabria.
E' raffigurato in posizione rigidamente frontale, indosa i paramenti dell'ordine cappuccino, poichè in età medievale si usava attribbuire ai padri del monachesimo un ordine di appartenenza.
Sulla parete in basso a destra si imposta un altro registro più piccolo dove sono ritratti due santi monaci in atto orante, databile presumibilmente agli inizi del XIV secolo.
Santi monaci, XIV sec. |
Sulla tamponature del catino absidale è raffigurata la scena principale del secondo ciclo di pitture: la Koimesis, cioè, l'assunzione di Maria. La scena è raffigurata dalla Koimesis della Vergine e il risveglio da Bambina nella mani del Cristo.
Assistono all'evento una teoria di Angeliinizi del XIV secolo.
Koimesis, XII-XIII secolo |
Pantokrator |
Figura nimbata |
Testa femminile coronata |
All'interno del registro successivo sono state campite le figure della Theotokos, la Madre di Dio e del Pantokrator, il Cristo in trono in atto benedicente.
Theotokos |
Sulla parete esposta a Sud-Ovest si conserva una cospicua porzione della pittura più significatiba del II strato: la Passione del Cristo.
L'affresco è stato danneggiato, forse in età post-normanna quando fu modificata la pianta e l'orientamento della struttura antica. fu murata la porta sul lato Nord che dava l'accesso alla navata della chiesetta bizantina e fu aperta una nuova porta sul lato meridionale dove era raffigurata la Cricifissione.
La scena è dominata dal Cristo Patiens, sormontato dagli Angeli, con le mura turrite di Gerusalemme che costituiscono lo sfondo. Sula lato sinistro della Croce, una folla di sacerdoti e soldati che assistono al dramma. Dalla folla si distinguono due figure di santi con nimbo perlinato, identificabili con Giovanni Battista, il Precursore dei Cristo, che indica il Crocifisso. Come per la Stauroteca di Cosenza, la presenza del battista sul Calvario è un monito ai fedeli sulla responsabilità della crocifissione del Figlio di Dio. L'altra figura forse ritrae Giuseppe di Arimatea, il sacerdote del Sinedrio che aveva compreso la vera natura del Cristo.
Sula lato destro della croce partecipano alla passione deolorosa Maria e altri due soggetti femminili.
Sul lato sinistro della porta d'ingresso si conservano altri due registri, unio è stato quasi completamente distrutto, l'altro si conserva solo in parte. Al suo interno è campita Maria, madre di Gesù con epigrafe in greco.
Il secondo ciclo di affreschi risalente al XII-XIII secolo copre un livello di pitture più antiche risalenti al X-XI secolo,
Sulla parete destra ai piedi della Koimesis, è stato rappresentao un registro con epigrafe in greco datebile, in base alla tipologia dei caratteri, tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo.
L'epigrafe recita: IESùS CRISTòS NIKè, Gesù Cristo vittorioso.
Sula lato destro l'iscrizione recita: IESùS GALKè BASILEUS XRISTE, Gesù Cristo Signore dell'Universo.
La pittura meglio conservata del I strato, risalente al X secolo, è quella che raffigura San Nicola.
Alle mie spalle la pittura ad affresco meglio conservata del I strato di intonaco. Raffigura San Nicola e risale al X secolo. |
Il santo appare frontale, stante, bidimensionale, in atto benedicente. Regge il Vengelo nella mano sinistra. La simbologia raffigurata in questa pittura è quella in uso tra il IX e il X secolo con marcati particolarismi artistici di carattere locale, riscontrabili anche negli affreschi del I strato della chiesa dello Spedale presso Scalea, risalenti allo stesso periodo.
Sulla destra di San Nicola sono stati Riportati alla luce altre due figure di santi appartenenti al I strato di affreschi. Sono i Santi Apostoli Pietro e Paolo; Pietro indossa la clamide di tipo romano, tiene la chiave nella mano sinistra mentre con la destra mostra ai fedeli la chiesa istituita dal Cristo.
San Paolo indossa i paramenti della liturgia bizantina. La figura ci appare stante, ieratica e molto stilizzata, nella mano sinistra esibisce un pane e la spada, simboli dell'Eucarestia e difensore della Cristianità.
Sulla parete sinistra, in prossimità dell'altare, si conservano altri affreschi appartenenti al I strato: di una delle pitture si conserva solo parte dell'aureola dorata; quellla meglio conservata raffigura la Odigitria Theotokos in trono nell'atto di indicare il Bambino. Il volto della Vergine appare molto stilizzato con grandi occhi e arcate sopraciliari pronunciate, contornate con una pennellata di colore bruno. Le dita sono affusolate, tipiche delle icone bizantine.
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Storia dell'arte
Ubicazione:
87010 San Donato di Ninea CS, Italia
domenica 25 settembre 2011
LA SCURE MARTELLO DI SAN SOSTI: CONTINUANO LE RICERCHE SULL'OGGETTO PIU' FAMOSO DELLA MAGNA GRECIA
Copia della scure martello di Kyniskos |
Articolo a cura di Antonio Cozzitorto pubblicato su Martus Journal di settembre 2010
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È ormai noto che la scure martello fu rinvenuta a San Sosti, in provincia di Cosenza, nel 1846.
Tra il 1857 e il 1860 fu acquistata da Alessandro Castellani, un orafo romano, collezionista di opere d’arte. Alla sua morte la scure passò con l’intera collezione a Parigi ed infine, nel 1884 a Londra, presso il British Museum dove sono conservati altri preziosi reperti provenienti dall’Italia.
Nel 1996, il sindaco pro-tempore del Comune di San Sosti, dott/ssa Silvana Perrone, sollecitava un’interrogazione parlamentare, presentata alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Romano Caratelli, in merito alla controversia tra il Governo Italiano e quello Britannico circa la legittimità del possesso e la richiesta di restituzione del reperto più importante della Calabria.
IL 20 giugno dello stesso anno il Ministro ai Beni Culturali Walter Veltroni comunicava al Sindaco di San Sosti di aver inoltrato la rivendicazione dell’oggetto al Governo inglese, senza tuttavia nessun esito.
Altrettante sollecitazioni sono state prodotte per rettificare l’errata provenienza dell’oggetto: così compariva sul sito ufficiale del museo britannico “made in Sybaris from Sancta Sosti, Campania”. Oggi, compare con la giusta attribuzione di provenienza “…San Sosti, Calabria…”
Non è stata ancora, purtroppo, corretta la provenienza sulla targhetta descrittiva dell’oggetto esposta in vetrina di conseguenza, nel catalogo del museo londinese è contrassegnata come un reperto proveniente dalla Campania, come ci ha riferito una nostra giovane compaesana recatasi in visita al British nella prima settimana del mese di agosto 2010.
Ciò significa che il WebMaster del Museo ha preso in considerazione la richiesta di rettifica, peccato che non è stata la stessa cosa per gli studiosi britannici che continuano a ritenere, erroneamente, che l’oggetto provenga dalla Campania e non dalla Calabria.
Si spera che dopo tante sollecitazioni, sia stato finalmente rivisto e corretto il luogo di provenienza.
La scure martello è sicuramente uno tra gli oggetti più belli rinvenuti finora nella Magna Grecia.
Ma la sua importanza non è dovuta solo alla bellezza artistica, è il documento più antico, assieme alla tavoletta di Kleombrotos rinvenuta nell’Athenaion di Francavilla Marittima; è iscritta in alfabeto acheo e dialetto dorico, allora in uso in questa parte di territorio calabrese.
Fu fabbricata con molta probabilità in un’officina della polis greca di Sybaris verso la metà del VI sec. a.C. ed offerta in dono al santuario di Era situato in pianura, come dice l’epigrafe incisa sulla penna.
Vi sono delle controversie interpretative circa l’identità dell’offerente: la tesi più diffusa è quella del vittimario inteso come il sacerdote che compiva con l’oggetto sacrifici in onore della divinità arcaica, signora dell’Olimpo, sposa di Zeus. Studi recenti rivelano verità completamente diverse sia sull’oggetto che sull’offerente: intanto la scure non ha il taglio, ciò significa semplicemente che aveva solo funzioni votive e ornamentali, è l’oggetto stesso che rappresenta il segno distintivo della dea Era. Questo tipo di raffigurazioni, la dea con la scure, compare già nell’iconografia minoica nel III millennio a.C. e ancora, nella Tomba degli Atridi di età micenea (II millennio a.C.) scavata a Micene, nel Peloponneso. Tra i numerosissimi oggetti di corredo e votivi rinvenuti all’interno della tolos vi sono tre statuette fittili di divinità femminile che mostrano una piccola scure martello, nella mano destra molto simile a quella di Kyniskos e due serpenti nella sinistra (Stefano Carbone).
Kyniskos di Mantinea, nome comune molto diffuso in età arcaica, era, in realtà un atleta, che praticava il pancratio, uno sport molto simile al pugilato moderno. Vinse un’edizione dell’Olimpiade verso la metà del VI sec. a.C. dando, evidentemente spettacolo di questa particolare disciplina sportiva tanto che Policleto un secolo dopo gli dedicò una scultura in bronzo il quale lo ritraeva nell’atto di cingersi la testa con una corona di ulivo, simbolo della vittoria olimpica. La scultura, posizionata nell’area dei donari delfici, venne descritta da Pausania, storiografo greco del I sec. a.C.
Il termine “decima” che compare sulla scure rinvenuta, si riferisce alla decima parte della vittoria tributata alla divinità in segno di ringraziamento, come fece l’atleta sibarita Kleombrotos nel VI sec. a.C. il quale dedicò una tavoletta in bronzo alla dea Athena del santuario di Francavilla Marittima come ringraziamento per la vittoria olimpica.
Tra il 1857 e il 1860 fu acquistata da Alessandro Castellani, un orafo romano, collezionista di opere d’arte. Alla sua morte la scure passò con l’intera collezione a Parigi ed infine, nel 1884 a Londra, presso il British Museum dove sono conservati altri preziosi reperti provenienti dall’Italia.
Nel 1996, il sindaco pro-tempore del Comune di San Sosti, dott/ssa Silvana Perrone, sollecitava un’interrogazione parlamentare, presentata alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Romano Caratelli, in merito alla controversia tra il Governo Italiano e quello Britannico circa la legittimità del possesso e la richiesta di restituzione del reperto più importante della Calabria.
IL 20 giugno dello stesso anno il Ministro ai Beni Culturali Walter Veltroni comunicava al Sindaco di San Sosti di aver inoltrato la rivendicazione dell’oggetto al Governo inglese, senza tuttavia nessun esito.
Altrettante sollecitazioni sono state prodotte per rettificare l’errata provenienza dell’oggetto: così compariva sul sito ufficiale del museo britannico “made in Sybaris from Sancta Sosti, Campania”. Oggi, compare con la giusta attribuzione di provenienza “…San Sosti, Calabria…”
Non è stata ancora, purtroppo, corretta la provenienza sulla targhetta descrittiva dell’oggetto esposta in vetrina di conseguenza, nel catalogo del museo londinese è contrassegnata come un reperto proveniente dalla Campania, come ci ha riferito una nostra giovane compaesana recatasi in visita al British nella prima settimana del mese di agosto 2010.
Ciò significa che il WebMaster del Museo ha preso in considerazione la richiesta di rettifica, peccato che non è stata la stessa cosa per gli studiosi britannici che continuano a ritenere, erroneamente, che l’oggetto provenga dalla Campania e non dalla Calabria.
Si spera che dopo tante sollecitazioni, sia stato finalmente rivisto e corretto il luogo di provenienza.
La scure martello è sicuramente uno tra gli oggetti più belli rinvenuti finora nella Magna Grecia.
Ma la sua importanza non è dovuta solo alla bellezza artistica, è il documento più antico, assieme alla tavoletta di Kleombrotos rinvenuta nell’Athenaion di Francavilla Marittima; è iscritta in alfabeto acheo e dialetto dorico, allora in uso in questa parte di territorio calabrese.
Fu fabbricata con molta probabilità in un’officina della polis greca di Sybaris verso la metà del VI sec. a.C. ed offerta in dono al santuario di Era situato in pianura, come dice l’epigrafe incisa sulla penna.
Vi sono delle controversie interpretative circa l’identità dell’offerente: la tesi più diffusa è quella del vittimario inteso come il sacerdote che compiva con l’oggetto sacrifici in onore della divinità arcaica, signora dell’Olimpo, sposa di Zeus. Studi recenti rivelano verità completamente diverse sia sull’oggetto che sull’offerente: intanto la scure non ha il taglio, ciò significa semplicemente che aveva solo funzioni votive e ornamentali, è l’oggetto stesso che rappresenta il segno distintivo della dea Era. Questo tipo di raffigurazioni, la dea con la scure, compare già nell’iconografia minoica nel III millennio a.C. e ancora, nella Tomba degli Atridi di età micenea (II millennio a.C.) scavata a Micene, nel Peloponneso. Tra i numerosissimi oggetti di corredo e votivi rinvenuti all’interno della tolos vi sono tre statuette fittili di divinità femminile che mostrano una piccola scure martello, nella mano destra molto simile a quella di Kyniskos e due serpenti nella sinistra (Stefano Carbone).
Kyniskos di Mantinea, nome comune molto diffuso in età arcaica, era, in realtà un atleta, che praticava il pancratio, uno sport molto simile al pugilato moderno. Vinse un’edizione dell’Olimpiade verso la metà del VI sec. a.C. dando, evidentemente spettacolo di questa particolare disciplina sportiva tanto che Policleto un secolo dopo gli dedicò una scultura in bronzo il quale lo ritraeva nell’atto di cingersi la testa con una corona di ulivo, simbolo della vittoria olimpica. La scultura, posizionata nell’area dei donari delfici, venne descritta da Pausania, storiografo greco del I sec. a.C.
Il termine “decima” che compare sulla scure rinvenuta, si riferisce alla decima parte della vittoria tributata alla divinità in segno di ringraziamento, come fece l’atleta sibarita Kleombrotos nel VI sec. a.C. il quale dedicò una tavoletta in bronzo alla dea Athena del santuario di Francavilla Marittima come ringraziamento per la vittoria olimpica.
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