giovedì 30 giugno 2011

LA SCURE MARTELLO DI SAN SOSTI - nuove scoperte

Nella foto, Antonio Cozzitorto

















Articolo tratto da: "IL MISTERO DELLA SCURE MARTELLO ulitme scoperte sull'oggetto più famoso della Magna Grecia". Video documentario presentato a cura di Antonio Cozzitorto.
___________________________________________________

Viaggiare nel passato è un’esperienza affascinante, la "macchina del tempo" è l'archeologia, mediante la quale, in questo caso, cercheremo di svelare il mistero che avvolge la scure martello dell’olimpionico Kyniskos.
Ancora oggi non si conosce il luogo esatto del rinvenimento di questo oggetto di straordinaria fattura
artistica fabbricato in una officina della grande polis achea di Sybaris, verso la seconda metà del sesto secolo a.C. e offerto come decima ad un santuario intitolato alla dea Era posto nella pianura di San Sosti.
Il punto di partenza delle ricerche è la polis achea di Sybaris, fondata tra il 730 e il 720 a.C. dagli Achei
guidati da Is provenienti da Elice, nel Peloponneso.
La fertilità della terra e la posizione geografica molto favorevole permisero alla grande polis di diventare
in breve tempo la più ricca e potente tra le colonie della Magna Grecia: già verso la metà del settimo secolo a.C. aveva creato un impero che si estendeva fino alla costa tirrenica e fino alla Campania, dove i sibariti fondarono la grande colonia di Posidonia con il suo santuario urbano.
Il santuario per i Greci non era solo un luogo di culto, era soprattutto luogo di incontro tra i popoli, di
aggregazione culturale e di scambi  economici.  Tramite la fondazione dei santuari, principalmente dedicati a Era, Demeter e Kore Persefone, divinità protettrici della famiglia, della terra e degli e regina
degli inferi, si assicuravano il controllo politico e militare del territorio assoggettato, come nel caso di Posidonia e Metapontion.
Tra il settimo ed il sesto secolo a.C. Sibari aveva esteso il suo dominio su un territorio vastissimo e 25
colonie, alcune delle quali ubicate nelle vallate dell’Esaro-Crati-Coscile.
La Calabria non ha conservato i grandi templi greci ancora intatti come quelli di Posidonia  e Metapontion
a causa dei grandi sconvolgimenti causati dalla natura, come i due terremoti che nel 1603 e nel 1783 rasero al suolo l’intera regione ed a causa dello sviluppo edilizio selvaggio e scriteriato.
Nella vallata dell’Esaro sono stati individuati almeno due grandi abitati che controllavano il territorio
compreso tra il Rosa, l’Esaro e l’Occido.
È interessante ricordare che Ecateo di Mileto e Strabone vi hanno localizzato due delle 25 colonie sibarite:
Vergae e Artemisiam.
Tito Livio, nel trentesimo libro della “Storia di Roma” cita nuovamente queste città definendole
“MULTIQUE ALII IGNOBILES POPULI” perché si erano alleate con Annibale contro Roma e successivamente si arresero al console romano Gneo Servilio Il primo di questi due abitati è stato individuato sulla collina di Castiglione di Roggiano, alla confluenza dell’Esaro e dell’Occido.
Si conservano ancora tracce di un grande tessuto urbano, frequentato dall’età del Bronzo Medio fino alla
fine del terzo secolo a.C. nel corso delle ricognizioni si superficie è stato scoperto un piccolo santuario extra-urbano dedicato a Demeter e kore Persefone.
Era uno dei santuari extra-urbani di Castiglione che sorgeva sulla via istmica ionico-tirrenica, sul declivio
nord-occidentale della collina di Serra Testi.
Dai ritrovamenti di superficie si evince che la città fu abbandonata tra la fine del quarto e gli inizi del
terzo secolo a.C. e vengono costruite le grandi ville di Pauciuri, nel comune di Malvito e Larderia, nel comune di Roggiano Gravina.
L’altro abitato sottoposto a Sybari, che controllava il territorio nord-occidentale, attraversato dalla via
istmica, fino alla costa tirrenica, è quello dove attualmente sorge l’abitato di San Sosti.
Durante gli scavi all’interno della chiesa del Carmine sono stati riportati alla luce i resti di un santuario
urbano intitolato ad una divinità femminile. 
Un altro santuario extra-urbano è stato scoperto in località Cerreto, nel comune di San Sosti, dove è stato
rinvenuto un modellino fittile di tempietto dorico risalente agli inizi del quinto secolo a.C. ed una testina femminile risalente alla seconda metà del quarto secolo a.C.
Nella vallata attraversata dal torrente Fullone, in territorio di San Marco Argentano, presso la località
Amendolara-Caccia, è stato individuato un grande insediamento risalente al periodo dell’imperialismo sibarita dove si rinviene un tipo di ceramica dipinta, solitamente presente nei santuari.
Comunque, solo ulteriori e approfondite ricerche potranno accertare l’esistenza di un altro grande abitato
nell’area dell’antica Argyros.
Il rinvenimento di un oggetto così importante come la scure martello di San Sosti indica gli stretti legami tra la polis achea di Sybari e la presenza di un altrettanto importante santuario dedicato a Era in questa parte di territorio.
Nella seconda parte del nostro viaggio cerchiamo di ricostruire le vicende del ritrovamento e l’esilio
forzato presso il museo britannico; possiamo solo ammirare da vicino una riproduzione fedele all’originale della scure martello realizzata da un artista locale.
È ormai noto che la scure martello fu rinvenuta a San Sosti, in provincia di Cosenza, nel 1846.
Tra il 1857  e il 1860 fu acquistata da Alessandro Castellani, un orafo romano, collezionista di opere d’arte.
Alla sua morte la scure passò con l’intera collezione a Parigi ed infine, nel 1884 a Londra, presso il British Museum dove sono conservati altri preziosi reperti provenienti dall’Italia.
 La scure martello dell’olimpionico Kyniskòs è tra le opere più importanti  provenienti dalla Magna
Grecia ancora in possesso del Museo Britannico. Oltre al suo pregio artistico, è il documento più antico, insieme alla tavoletta di Kleombrotos,  finora rinvenuto in questa parte di territorio calabrese.
Nel 1996, il sindaco pro-tempore del Comune di San Sosti, dott/ssa Silvana Perrone, sollecitava un’
interrogazione parlamentare, presentata alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Romano Caratelli, in merito alla controversia tra il Governo Italiano e quello Britannico circa la legittimità del possesso e la richiesta di restituzione del reperto più importante della Calabria.
 IL 20 giugno dello stesso anno il Ministro ai Beni Culturali Walter Weltroni comunicava al Sindaco di
San Sosti di aver inoltrato la rivendicazione dell’oggetto al Governo inglese, senza tuttavia nessun esito. 
La scure martello fu offerta come decima da Kyniskòs di Mantinea alla dea Era verso la seconda metà del
sesto secolo a.C., come afferma l’epigrafe iscritta sulla penna.
La scure martello, metà del VI sec. a.C. (British Museum, Londra)
























L’iscrizione, in dialetto dorico, alfabeto acheo e caratteri arcaici, recita: “tas Eras iaros emi tas en pedioi, Kyniskos me anetekè, ortamos fergon dekatan”.  sono sacro ad Era, quella della pianura. Kyniskos mi dedicò, lo ortamos, come decima…”.

Il pancraziaste IV sec. a.C. (Lisippo)

















Intorno alla metà del VI secolo a.C. il giovane Kyniskòs vinse una edizione dei giochi Olimpici, offrendo, evidentemente, un grande spettacolo di questa antica disciplina sportiva. Alcuni decenni dopo il personaggio godeva ancora di grande fama atletica e Policleto, tra il 445- e il 438 gli dedicò una scultura in bronzo che lo ritraeva nell’atto di cingersi la testa con una corona di ulivo, simbolo della vittoria Olimpica.
Le ultime scoperte rivelano che l’offerente era un pancraziaste, cioè un atleta olimpionico che praticava uno sport più e meno simile al pugilato moderno, ma dalle regole molto diverse. Si combatteva avvolgendo dei legacci di cuoio alle mani e permetteva anche l’uso dei piedi, dei gomiti e delle ginocchia.
La scultura, assieme a molte altre, viene descritta da Pausania, uno storiografo greco che visse tra il 110 ed
il 180 d.C.
La dedica definisce Kyniskòs “lo òrtamos”, che generalmente viene tradotto con il termine di macellaio, in
realtà non si riferisce alla professione, bensì ad una caratteristica dell’offerente. Nell’antica lingua dei Dori, indica “il massacratore o il Vittimario”, riferito al fatto che massacrava i suoi avversari durante il combattimento.


Anfora attica del VI sec. a.C. 



















Anfora attica a figure nere, VI sec. a.C.






















Della scultura policletea, nota con il nome di atleta Westmachott, uno scultore inglese dell’800, ci sono pervenute diverse copie di età romana, conservate nei musei capitolini.

Kyniskos vincitore o Atleta Westmachott

























Kyniskos, copia romana II-I sec. a.C.
























Kyniskos, V sec. a.C. (Policleto?
























Nel mondo greco era usanza tributare doni di ringraziamento alle divinità in moltissime circostanze. 
Un esempio simile è la targhetta in bronzo, rinvenuta  nell’Athenaion  di Francavilla Marittima, incisa in alfabeto acheo, cioè, la stessa lingua usata  sulla scure martello di Kyniskòs. 

Tavoletta in bronzo, VI sec. a.C.


















L’oggetto risale alla metà del VI sec. a.C. e fu donato dall’atleta Kleombròtos, figlio di Dexilaos, alla dea
 Athena come decima dei premi per la vittoria ad Olimpia.
kleombrotos, VI sec. a.C.

























Anche in questo caso, abbiamo un dono tributato da un atleta vincitore dei giochi olimpici ad un santuario specificato sull’oggetto.
Gli scavi archeologici condotti sull’acropoli di Timpone della Motta hanno evidenziato un santuario
costituito da cinque edifici sacri; la fase più antica è quella relativa al Bronzo Medio.
Durante la prima età del Ferro il santuario fu ampliato e restò in uso fino al IV secolo a.C.;venne devastato
durante la rivolta dei Brezzi.
Dal punto di vista storico e archeologico, la scure-martello è tra gli oggetti più importanti rinvenuti finora
nella Magna Grecia, perché ci da notizie di un soggetto realmente vissuto circa 2.500 anni fa e di due santuari dedicati a Era, da ricercare nel territorio di San Sosti.
Da una attenta lettura dell’epigrafe, si comprende, appunto, che esistevano due santuari intitolati alla
divinità greca: uno situato su di un punto più elevato e l’altro posto in pianura. La dedica specifica che l’oggetto fu dedicato al santuario di Era in pianura.
Non conosciamo il luogo preciso del rinvenimento, ma è chiaro che il santuario va ricercato nella vallata di
San Sosti. 
Ciò è il punto di partenza per una nuova fase di studi circa l’individuazione del luogo del rinvenimento
dell’oggetto più famoso della Magna Grecia.

mercoledì 29 giugno 2011

martedì 28 giugno 2011

EGITTO: NUOVE PIRAMIDI SCOPERTE CON GLI INFRAROSSI. Visione agli infrarossi applicate ai satelliti per un'archeologia alquanto futuristica.


Le grandi piramidi
Di: Francesco Artuso, pubblicato su Martus Journal di Giugno 2011.










______________________________________________________________

Un grande passo in avanti nell’Archeologia grazie ai moderni mezzi tecnologici. Con l’ausilio di sofisticate telecamere a raggi infrarossi, piazzate a 700 Km di altezza su un satellite in orbita attorno al nostro Pianeta, un team di Archeologi della “University of Alabama – USA” ha fatto una importantissima scoperta archeologica riguardante l’Antico Egitto.
Diciassette nuove piramidi, di cui si ignorava totalmente l’esistenza,  sono state scoperte nelle vicinanze di San El Hagar, a Sud del Cairo. Nella stessa area è stata rilevata la presenza di un intero reticolo stradale,una miriade di case e migliaia di tombe, si tratterebbe dell’Antica Città Perduta di Tanis, afferma Sarah Parcak, Archeologa a capo del team che ha scoperto queste meraviglie nascoste sotto tonnellate di sabbia del deserto.
“La tecnologia ad infrarossi – spiega l’Archeologa – oltre ai grandi edifici, anche gli oggetti di più piccole dimensioni, grazie alle loro densità differenti da quella del terreno che li ricopre. Gli Antichi Egizi usavano per le loro costruzioni mattoni di fango di densità superiore a quella del terreno. scovare contorni di tombe, case ed altre costruzioni, dunque, risulta notevolmente semplice con questa tecnologia”.
Subito sono iniziati gli scavi nei siti individuati dal team di scienziati e le prime scoperte stanno già confermando quanto rilevato dallo spazio.
“Il momento più entusiasmante – ha commentato la Parcak – è stato visitare l’Antica Tanis. E’ stata scavata un’abitazione risalente a tremila anni fa ed il contorno della struttura coincideva quasi perfettamente con le immagini del satellite. E’ stata una vera e propria convalida della nostra tecnologia”.
Sono già state scavate due piramidi ed è risultato subito evidente che il sito sia uno dei più ricchi, archeologicamente parlando, mai rinvenuti. Le autorità egiziane, inizialmente scettiche, hanno subito sospettato il potenziale economico della scoperta e si sono offerte di aiutare l’equipe nei lavori di recupero che riguarderanno l’intera area.
Le ricerche degli Archeologi Americani hanno sicuramente spianato la strada all’Archeologia “Spaziale”, la cui applicazione potrà portare alla scoperta di numerosissimi altri siti archeologici delle più disparate antiche civiltà che hanno popolato la Terra.
Questa modernissima tecnologia potrebbe sicuramente dare interessanti risultati anche se applicata per lo studio dei siti archeologici della nostra “Magna Grecia”, potrebbe finalmente permettere di comprendere a fondo i misteri che avvolgono i numerosi siti scoperti nel nostro territorio che ancora oggi restano decontestualizzati e quindi poco utili alla piena comprensione di quello che è l’Antico Mondo costruito e vissuto dai nostri antenati, del quale molte core restano tutt’ora avvolte nel mistero.

IL MISTERO DEL LAGO


Mausoleo di età romana



















E' una scoperta archeologica che ha dello straordinario. Durante i mesi invernali, la ditta che gestisce l'impianto del lago artificiale di Roggiano solitamente abbassa il livello dell'invaso per impedire una eventuale piena straordinaria e inondazioni a danno degli insediamenti umani presenti sul territorio.
Proprio durante l'autunno scorso, l'amministrazione comunale ha segnalato alla ditta l'eccessivo innalzamente della livello delle acque, che quasi stava per somergere l'importante sito archeologico di Larderia.
Di seguito alla richiesta, veniva notevolmente abbassato il livello dell'invaso che ha svelato i misteri che cela ormai da molti anni.
Dal ritiro delle acque, in località Santo Stefano, è riemerso un importantissimo contesto archeologico di straordinaria importanza; si tratta di un edificio a pianta longitudinale con un abside centrale, perfettamente rivolto ad est e due absidioli laterali più piccoli.

Chiesa bizantina









 




Sul lato lungo dell'edificio, esposto a Nord-Ovest si imposta in secondo vano rettangolare; l'ingresso era posto sul lato Sud-Ovest.
Da una prima valutazione del contesto appare piuttosto chiaro che si tratta di una piccola chiesetta bizantina a pianta longitudinale, risalente, presumibilmente al X-XI secolo.
Potrebbe trattarsi della chiesa di Santo Stefano menzionata nel Catasto onciario del XIV secolo come Arcipretura.
A breve distanza è riemerso un edificio rettangolare con sepolture annesse ed un'altra struttura. Si tratta di un mausoleo, cioè, di una sepoltura monumentale, riservata ad un personaggio di alta levatura sociale, risalente al I sec. a.C/I sec. d.C.
La scoperta del mausoleo avvalora la tesi che nella villa romana, oggi conosciuta con il nome di "Larderia" risiedeva un personaggio che rivestiva un ruolo sociale importante.
Il contesto, già segnalato all'Ufficio Territoriale della Sovrintendenza Archeologica della Calabria per La Sibaritide, diretto dalla Dott/ssa Silvana Luppino, sicuramente merita indagini archeologiche più approfondite.



Di: Angelo Martucci, pubblicato su "Martus Jourrnal"

domenica 26 giugno 2011

IL MONASTERO DI SAN SOZONTE: RICETTACOLO DI SANTI E BEATI

Di: Costantino Frontera, pubblicato su "Martus Journal".
_____________________________________________________

San Nilo di Rossano

























Fu fondato durante l’impero di Giustiniano II Rinotmeto tra il VII e l’VIII sec. d.C. da alcuni monaci in fuga dalle Cicladi a causa delle tormentate vicende politiche di quegli anni.
Intorno al 951 San Nilo di Rossano vi fece visita, fermandovisi in meditazione per diversi mesi. Poco dopo, lo raggiunsero altri due monaci in fuga dai Saraceni, Stefano e Giorgio.
Il Beato Bartolomeo scrive nel bios di San Nilo che Stefano fondò un cenobio intitolato a Santo Stefano non lontano dal monastero di Agios Sozon, “a oriente del castro posto sull’altura”.
A causa delle incursioni saracene, Nilo lasciò la Calabria e si trasferì a Tuscolo, dove morì ultranovantenne; le sue spoglie furono traslate dai confratelli presso la grande abbazia bizantina di Grottaferrata. 
È proprio questa, il bios del Santo, la fonte più antica dove è menzionato il più grande Monastero bizantino del Massiccio del Pollino con il suo grande e fornito scriptorium.  San Nilo nacque a Rossano intorno al 910, fondò la Badia di S. Maria del Patir presso Rossano e la Badia di S. Demetrio Corone, dove poi, verso la fine del '700, si trasferì il famoso collegio italo-greco, ora italo-albanese, fondato da Papa Clemente XII.
Poco fuori da San Demetrio Corone, si incontra un agglomerato che comprende l’antico monastero di Sant’Adriano dove San Nilo   vi si fermò sino a lungo.
La vita di San Nilo, il cui nome di battesimo era Nicola, ci è nota grazie al suo discepolo, il Beato Bartolomeo che ne scrisse il bios.
Sappiamo che si ritirò in meditazione presso il monastero di San Mercurio, la cui guida spirituale era San Fantino, alla sua morte, Nilo rifiutò di succedergli come abate ed ottenne il permesso di ritirarsi in meditazione presso le grotte di Sant’Angelo di Cassano allo Ionio e poi nel santuario rupestre di Sant’Angelo del monte Mula.

__________________________________________________

IL MONASTERO DI SAN SOZONTE:
ULTIME SCOPERTE 
Di Angelo Martucci

LA ZONA DI PAUCIURI A MALVITO. APPELLO DI GIANPAOLO CHIAPPETTA


Di Alessandro Amodio. Pubblicato sulla Gazzetta del Sud del 24 Luglio 2011.




Di Alessandro Amodio. Pubblicato sulla Gazzetta del Sud del 26 giugno 2011.
______________________________________________________________

sabato 25 giugno 2011

PADRE GIROLAMO MOLINARI, GIA' VENERABILE, VERSO LA BEATIFICAZIONE. UN POSSIBILE "SANTO" DI MALVITO




















Di Alessandro Aamodio, articolo pubblicato su "Martus Journal"

_______________________________________________________________



MALVITO – Il libro agiografico “Padre Girolamo Molinari da Malvito”, dedicato al religioso dell’Ordine dei Minimi nato proprio a Malvito, ha riacceso la speranza che ci possa essere un nuovo Santo calabrese. Il saggio, scritto da Candeloro Modaffari, ha l’indiscutibile pregio di far riaccendere i riflettori sul mistico fraticello francescano vissuto quattrocento anni fa tra Malvito (1535), suo paese natio, e Corigliano Calabro (1605) a cui le cronache dell’epoca attribuiscono un alone di santità. Proprio quattrocento anni dopo la sua morte, l’otto agosto 2005, a seguito di alcuni lavori di ristrutturazione nel Romitorio Francischelli di Corigliano Calabro, luogo ove dimorò per tre anni il taumaturgo di Paola, sono stati miracolosamente ritrovati i resti del suo corpo. La vita di questo frate fu costellata da fatti straordinari che si possono definire senz’altro miracolosi e che potrebbero schiudere al mistico frate malvitano le porte al processo di beatificazione.
















La presentazione del volume è avvenuta sabato 15 maggio nella sala degli Specchi del Castello ducale di Corigliano Calabro. Ora, l’aspettativa di poter avere un “Santo” nato nella Valle dell’Esaro potrebbe divenire realtà. Di ciò ne ha parlato soprattutto Padre Giovanni Cozzolino, storico dell’ordine dei Minimi, per diversi anni rettore del Convento di San Francesco di Paola a Corigliano Calabro proprio nel periodo in cui la sua tomba venne riportata alla luce, che potrebbe essere il postulatore della causa di beatificazione del già Venerabile. Alla recente presentazione del libro, quale “filo conduttore” partito dalla Valle dell’Esaro e giunto sulla costa Ionica per testimoniare il luogo di nascita del fraticello (Malvito), quello in cui ha studiato (presso il Seminario di San Marco Argentano) e quella della sua vita di frate dov’è passato a miglior vita (Corigliano Calabro), sono intervenuti il sindaco di Malvito, Giovanni Cristofalo; il vicesindaco di Corigliano, Giorgio Miceli e l’assessore del Comune di San Marco Argentano, Anna Maria Di Cianni. Alla presentazione c’erano anche Rosa Maria Morano, presidente della Commissione cultura del Comune di Corigliano, l’On. Giovanni Dima e Padre Francesco Caloiero, già cappellano delle “Casermette” a Cosenza. La presentazione del libro, ha avuto un preludio a Malvito il 21 novembre 2009, quando si parlò per prima volta in pubblico, dopo la scoperta del 2005, di Padre Girolamo Molinari e della ricerca agiografica di Candeloro Moddafari. Anche in quell’occasione, la testimonianza più accorata fu quella di Padre Giovanni Cozzolino, che raccontò come furono miracolosamente ritrovati i resti del suo corpo. «Ci fu un inimmaginabile riscontro per l’identificazione del frate malvitano grazie al cranio su cui venne incisa, da una mano rimasta sconosciuta, la seguente scritta in latino: Jeronimus Molinari Minimorum, ripetuta ben due volte per non lasciare adito a nessun dubbio». Peraltro, narrano alcune cronache dell’Ordine dei Minimi, che il mistico frate malvitano abbandonò agi e ricchezze per dedicarsi con grande umiltà, ascetismo e sofferenza al servizio di Dio e dei bisognosi. Ebbe numerose visioni e, tra l’altro, profetizzò ai suoi confratelli il giorno, il mese e l’anno in cui sarebbe morto. Anche da ciò ebbe origine la meritata fama di Santità che lo accompagnò sia in vita sia in morte, una cosa non trascurabile per sperare in un processo di beatificazione.

venerdì 24 giugno 2011

AREA ARCHEOLOGICA DI PAUCIURI: STUDIO E CATALOGAZIONE

SCAVO ARCHEOLOGICO LUGLIO-AGOSTO 2003 

 MARTUS EDITORE

Luglio-Agosto 2003 scavo area nuova (Soprintendenza Archeologica della Calabria - Unical, Cattedra di Archeologia della Magna Grecia) Nella foto, Stefano Carbone







































Luglio-Agosto 2003 scavo area nuova (Soprintendenza Archeologica della Calabria - Unical, Cattedra di Archeologia della Magna Grecia)


















Luglio-Agosto 2003 scavo area nuova (Soprintendenza Archeologica della Calabria - Unical, Cattedra di Archeologia della Magna Grecia)


















Luglio-Agosto 2003 scavo area nuova (Soprintendenza Archeologica della Calabria - Unical, Cattedra di Archeologia della Magna Grecia)

CONVEGNO DI CHIUSURA SCAVO - MOSTRA DEI REPERTI. 08 AGOSTO 2003. 


















Castello normanno di Malvito, convegno di chiusura scavo, 08 agosto 2003.


















Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: ceramica ellenistica, IV sec. a.C.


















Pauciuri, ricognizioni di superficie area nuova, ottobre 2002: gemma di anello, IV sec. a.C.


















Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: lucerna romana, I sec. d.C.




















Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: lucerna romana, I sec. d.C.



















Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: Sestertio di Massimino il trace, 235-238 d.C.    D/


















Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: Sestertio di Marco Aurelio, 121-180 d.C.























Pauciuri. scavo archeologico luglio-agosto 2003: moneta tardo-repubblicana, I sec. a.C.
























Pauciuri, scavo archeologico luglio-agosto 2003: moneta tardo repubblicana, I sec. a.C.


SCAVO ARCHEOLOGICO FORNACI 2009.


















Pauciuri, scavo archeologico 2009: fornaci, I sec. d.C.

PAUCIURI PULIZIA AREA ARCHEOLOGICA 2010-2011 (IMPRESA MARTUS)


















Pauciuri: riprese video-documentario "VIAGGIO NEL TEMPO - MALVITO E IL SUO TERRITORIO"
________________________________________________________________


















Pauciuri: pulizia area archeologica, ottobre 2010



















Pauciuri: pulizia area archeologica, ottobre 2010


















Pauciuri: pulizia area archeologica, febbraio 2011.


















Pauciuri: pulizia area archeologica, febbraio 2011


















Pauciuri: pulizia area archeologica, aprile 2011


















Pauciuri: pulizia area archeologica, maggio 2011.


















Pauciuri: pulizia area archeologica, giugno 2011.


















Pauciuri: pulizia area archeologica, giugno 2011. Il ninfeo, veduta della vasca.


















Pauciuri: pulizia area archeologica, giugno 2011. Il ninfeo, vuduta della vasca.


















Pauciuri: pulizia area archeologica, giugno 2011. Settore Nord-ovest.

mercoledì 22 giugno 2011

È ITALIANA LA CITTA’ INCANTATA DI NARNIA




















Di: Antonio Cozzitorto. Pubblicato su Martus Journal di Settembre 2010.


________________________________________________________________



Si trova in Umbria, a metà strada tra Roma ed Assisi, "il regno incantato del celebre romanzo di C.S. Lewis, oggi  conosciuta con il nome di Narni.


















La rocca di Narni

Fu un insediamento preromano, nel 300 a.C. attirò gli interessi di Roma, che la fece assediare con il console Quinto Appuleio Pansa nel 299 a.C. divendo, così, colonia romana col nome latino di Narnia.
Lungo il fiume Nera (dal celtico Nahar), nei pressi della frazione di Stifone, dove anticamente si trovava il porto della città romana, è stato recentemente individuato il sito archeologico di quello che appare come un cantiere navale romano. Dell'antica navigabilità del fiume Nera si hanno peraltro notizie su Strabone e Tacito.
















Ponte romano, I sec. d.C.

Noto il passo in cui il console Gneo Calpurnio Pisone, nel 19, decise di imbarcarsi a Narni con la moglie Plancina al fine di raggiungere Roma senza destare sospetti.
Narnia è la città natale all'imperatore romano Marco Cocceio Nerva (96/98 d.C.)  Non si conosce con certezza quando la città di Narnia cambiò il suo nome in Narni, ma probabilmente questo avvenne gradualmente nel tempo a partire dal XIII secolo per poi divenire effettivo dopo la rivoluzione francese, anche se fino alla fine del XIX secolo si trovavano ancora nelle lapidi e negli scritti ufficiali iscrizioni con l'antico nome di Narnia.
La bellezza dei luoghi e il fascino delle leggende locali ispirò Lewis a scrivere il celebre romanzo “Le Cronache di Narnia”, lo scrittore inglese, come afferma un suo allievo, aveva trovato la parola Narnia, su un Atlante antico mentre stava studiando i classici latini, cui era particolarmente appassionato.
Evidentemente rimase molto suggestionato dall’antico nome a tal punto da approfondire le ricerche; ne nacque il romanzo reso celebre dalla fantastica ricostruzione holliwoodiana. 




















Leone di Narni, II-I sec. a.C.

Sono molte le analogie tra il romanzo di Lewis e la città umbra di narni: il leone, ad esempio,  è l'emblema del comune poichè nella filosofia cristiana rappresenta il simbolo di Cristo Re, Narnia era dunque protetta direttamente da Cristo Signore dell'Universo. Protagonista assoluto del romanzo è il possente e saggio leone Aslan. Molte altre leggende che ancora oggi si raccontano nella Narnia umbra compaiono nel romanzo dello scrittore inglese reso famoso da Olliwood.

lunedì 20 giugno 2011

IL CASTELLO DI MALVITO: NUOVE SCOPERTE























Il castello normanno di Malvito

Dal punto di vista rcheologico conosciamo veramente poco circa le fasi di vita del castello normanno di Malvito.
Le fonti letterarie e le caratteristiche architettoniche ci dicono che fu costruito all'età di Roberto d'Altavilla, detto "Guiscardo" (fine XII, inizi XIII sec.).

Interno della torre
Ma da un'attenta analisi del contesto e da un'approfondita lettura della stratigrafia muraria si può spostare la datazione alla fine del IX e gli inizi del X sec. d.C.
Era sicuramente un kstron bizantino provvisto di due cortine murarie, quella a protezione dell'acropoli, di cui si conserva un breve tratto occultato dalla vegetazione, a pochi metri di distanza della maestosa torre normanna e quella più esterna che doveva proteggere l'abitato.
Della seconda fortificazione si conserva un lungo tratto di muro che raggiunge uno spessore di m 1,40 per un'altezza che supera i tre metri e una torre quadrangolare molto simile a quella occidentale dei Casalini di San Sosti, databile per analogia al IX-X sec. d.C.


















Edificio antecedente alla torre normanna
Nel cortile del castello affiorano appena dal terreno le creste dei muri di un edificio rettangolare orientato ovest-est, che, vista la posizione e la pianta, potrebbe essere identificato con una torre bizantina, forse il mastio centrale.













Tratto di muro di cinta di età bizantina

Comunque, solo una campagna di scavi archeologici potrebbe stabilire con esattezza tutte le fasi di vita dell'abitato di Malvito, che molto probabilmente esisteva già in età longobarda (fine del VII-ainizi dell'VIII sec. d.C.
Ai fini della ricerca, sarebbe interessante capire la provenienza di un cippo votivo attualmente conservato nel cortile di un'abitazione privata.


Angelo Martucci-Giovanni Martucci