venerdì 14 settembre 2012

Vestigia della Magna Graecia MITICA SCURE MARTELLO LA SUA STORIA ARRICCHITA DI PARTICOLARI INEDITI


Di Alessandro Amodio - Gazzetta del Sud del 3 settembre 2012
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È ormai noto che la scure martello fu rinvenuta a San Sosti, in provincia di Cosenza, nel 1846.Tra il 1857  e il 1860, da Napoli, dove era stata portata, fu acquistata da Alessandro Castellani, un orafo romano, collezionista di opere d’arte. Alla sua morte la scure passò con l’intera collezione a Parigi ed infine, nel 1884 a Londra, presso il British Museum dove sono conservati altri preziosi reperti provenienti dall’Italia. È tra le opere più importanti  provenienti dalla Magna Grecia ancora in possesso del Museo Britannico. Oltre al suo pregio artistico, è il documento più antico, insieme alla tavoletta di Kleombrotos (rinvenuta a Francavilla Marittima),  finora rinvenuto in questa parte di territorio calabrese. Nel 1996, il sindaco pro-tempore del Comune di San Sosti, dott/ssa Silvana Perrone, sollecitava un’interrogazione parlamentare, presentata alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Romano Caratelli, in merito alla controversia tra il Governo Italiano e quello Britannico circa la legittimità del possesso e la richiesta di restituzione del reperto più importante della Calabria. IL 20 giugno dello stesso anno il Ministro ai Beni Culturali Walter Veltroni comunicava al Sindaco di San Sosti di aver inoltrato la rivendicazione dell’oggetto al Governo inglese, senza tuttavia nessun esito.  La scure martello fu offerta come decima da Kyniskòs di Mantinea alla dea Era verso la seconda metà del VI sec. a.C., come afferma l’epigrafe iscritta sulla penna. Intorno alla metà del VI secolo a.C. il giovane Kyniskòs vinse una edizione dei giochi Olimpici, offrendo, evidentemente, un grande spettacolo di questa antica disciplina sportiva. Alcuni decenni dopo il personaggio godeva ancora di grande fama atletica e Policleto, tra il 445- e il 438 gli dedicò una scultura in bronzo che lo ritraeva nell’atto di cingersi la testa con una corona di ulivo, simbolo della vittoria Olimpica. Le ultime scoperte rivelano, appunto, che l’offerente era un pancraziaste, cioè un atleta che praticava uno sport più e meno simile al pugilato moderno, ma dalle regole molto diverse. Si combatteva avvolgendo dei legacci di cuoio alle mani e permetteva anche l’uso dei piedi, dei gomiti e delle ginocchia. Il termine “ortamos”, inciso sulla penna, significa vittimario, poiché, gli avversari di questo campione uscivano dal combattimento sfregiati o morti. Alcuni eruditi locali, semplicemente appassionati di archeologia, ritengono che la scure sia stata rinvenuta a Sant’Agata d’Esaro, attribuzione priva di ogni fondamento scientifico, tratti in inganno dalla legenda la quale afferma che sia stata rinvenuta presso le rovine della città di Artemisia, che sarebbe l’attuale Sant’Agata. Bisogna notare che l’individuazione della città greca in questa parte di territorio dell’alta valle dell’Esaro è dovuta al Barrio, un uomo di chiesa vissuto nel XVI secolo, appassionato di storia, il quale, leggendo ed interpretando arbitrariamente alcune fonti antiche la identificò in quest’area. Gli scavi archeologici condotti nel 2001 e nel 2003 dall’Università della Calabria ai Casalini non hanno individuato alcuna traccia di frequentazione dell’area in età greca. Le evidenze monumentali si riferiscono ad un kastron bizantino del IX-X sec. d.C. edificato su un impianto fortificato risalente al VI-VII sec. d.C. In conclusione, il luogo del rinvenimento della scure martello di Kyniskòs, The boy Boxer, come lo definiscono gli studiosi britannici, va ricercato più a valle, dove effettivamente sono stati rinvenute tracce veramente consistenti della presenza greca, come ad esempio, i resti del santuiarietto risalente al VI sec. a.C. dedicato ad una divinità femminile,  venuto alla luce durante gli scavi archeologici eseguiti all’interno del chiesa del Carmine, in pieno centro storico a San Sosti nel 2004, condotti dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.   


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