domenica 3 luglio 2011

IL MONASTERO BIZANTINO DI SAN SOZONTE

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Agios Sostis (Tinos): ruderi del monastero di Aghios Sozon, X sec.



















RICERCHE BIBLIOGRAFICHE E ARCHIVISTICHE A CURA DI COSTANTINO FRONTERA.
ANALISI DEI MATERIALI E STUDIO DEL CONTESTO
A CURA DI ANGELO MARTUCCI - GIOVANNI MARTUCCI
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Gli scavi archeologici condotti nella chiesa del Carmine nei mesi di febbraio-aprile 2004 hanno messo in evidenza un abitato molto antico esteso a tutta la collina dove attualmente sorge il centro storico di San Sosti (Agios Sostis).
Le prime tracce di frequentazioni risalgono all’età del Bronzo medio e recente attestate dalla ceramica figulina dipinta e soprattutto da un frammento di vaso a staffa di tipo egeo del TE IIIC proveniente dalla area cicladica(XIII-XII sec. a.C.).
L’abitato greco-bizantino di Agios Sostis (nome che ancora appariva sulle carte greco-normanne del XII-XIII secolo) si forma intorno alla metà dell’VIII secolo d.C.
Nel periodo delle persecuzioni iconoclaste scatenate in Oriente dall’imperatore Leone III Isauro l’abitato bizantino di Ag. Sostis si sovrappose ad un insediamento più antico, risalente al Bronzo Recente (scavi archeologici nella chiesa del Carmine).
Fu proprio durante il periodo dell’iconoclastìa che una gran massa di profughi in fuga trovarono rifugio nell’Italia meridionale e soprattutto in Calabria, già profondamente radicata al culto ed alle tradizioni greche.
Vengono fondati numerosi monasteri, romitori e cenobi, preferibilmente fuori dai centri abitati secondo le linee guida stabilite da San Basilio Magno.
Tra il 685 ed il 711 era già stato fondato il monastero di Agios Sostis, i cui ruderi si conservano ancora in località Badia a San Sosti, lungo la strada che conduce al Santuario di S. Maria del Pettoruto.



Icona di Agios Sozon
























Recentissime scoperte hanno attestato che i monaci fondatori del monastero di San Sosti provengono dalle Cicladi, precisamente dell’isola di Tinos, dove esiste un centro abitato che porta il medesimo nome:  Agios Sostis con il monastero intitolato al Santo, mentre, a pochi chilometri di distanza si trova in altro piccolo centro abitato che si chiama Agios Ayannis dove esiste un’altra piccola chiesetta intitolata ad Agios Sostis. 

Aghios Ayannis (Tinos) chiesa di San Sozon
























Ciò indica che il culto di questo Santo era molto radicato già al tempo delle persecuzioni iconoclaste e lo è ancora oggi a tal punto che esistono ben due chiese poste a breve distanza tra di loro su un’isola molto più piccola della Corsica.
Dalle ultime scoperte si può attestare che i monaci fondatori il monastero di San Sosti provengono da Agios Sostis dell’isola di Tinos che per primi abbandonarono quei territori e cercarono rifugio in Occidente, soprattutto in Calabria, già meta di scambi economico-culturali sin da tempi remoti

EVIDENZE MURARIE

Muro perimetrale di nord-ovest

















 Il monastero di Agios Sozon è posto a N.O. del centro abitato di San Sosti (Agios Sostis) lungo la strada che conduce al Santuario di Santa Maria del Pettoruto, sulla sinistra idrografica del torrente Rosa.
Le evidenze murarie in elevato si riferiscono ai muri perimetrali risalenti all’ultima fase edilizia del grande complesso monastico.
La stratigrafia muraria evidenzia diversi interventi di rifacimento apportati nei secoli.
Attualmente, l’ingresso ad arco che dà l’accesso al grande vano rettangolare, è posto sul lato lungo della struttura, inglobata dalle abitazioni moderne addossate alle antiche strutture, posto a S.O.
Il tratto di muro meglio conservato è quello esposto in direzione S.O./N.E.; la tecnica edilizia ed i materiali utilizzati datano le strutture al XIV-XV secolo.
Il muro perimetrale ovest-est è diviso in tre ambienti rettangolari orientati S.N.
L’ambiente nord-ovest, in ottimo stato di conservazione, è stato realizzato con pietrame di fiume squadrate poste in opera con un spesso allettamento di malta grigiastra, molto tenace. Si conserva ancora l’intonaco con tracce di dipinture ad affresco.


Muro perimetrale Nord-Est


















L’ambiente di N.E. è costituito da un muro verticale appoggiato al muro perimetrale  (ovest-est) che affiora dal terreno per un’altezza di 70/80 cm.
È realizzato con blocchetti squadrati posti in opera in modo regolare su di un allettamento di malta di colore grigio molto tenace. La tecnica edilizia ed i materiali utilizzati collocano la struttura tra il X-XI sec.

Resti di strutture murarie del X-XI sec.
La fase più antica del monastero è attestata da un muro che divide in due la grande struttura rettangolare in direzione O.E.
Il muro, oggi completamente coperto dall’azione alluvionale, è realizzato con pietrame di fiume, laterizi di età romana, reimpiegati nella muratura, ed un allettamento di malta poco tenace di colore grigiastro.
Questo breve tratto di muro, riportato alla luce durante alcuni lavori agricoli e ricoperto dal proprietario del fondo, trova confronto con la terma scavata a Pauciuri (Malvito).

Evidenze murarie affioranti X-XI sec.

Ad una quota di livello inferiore rispetto al piano di campagna si conservano due archi realizzati con blocchi perfettamente squadrati che davano l’accesso ad ambienti pertinenti al monastero inglobati dalle abitazioni moderne, risalenti al X-XI sec.
Sul lato S.O. si conserva una struttura muraria con tracce di pitture ad affresco di incerta datazione. Anche in questo caso, la struttura in oggetto è stata inglobata da un’abitazione moderna.



ELEMENTI ARCHITETTONICI

Dal punto di vista archeologico-documentale, sono estremamente importanti i materiali architettonici consegnati al Sindaco pro-tempore di San Sosti (Vincenzo Bruno) provenienti dal monastero di Agios Sozon.
I reperti più antichi sono alcuni frammenti di tegole di età romana, porzioni di tubi fittili risalenti al I-II sec. d.C. e una porzione di una piccola colonna in pietra con scanalature risalente allo stesso periodo.

Porzione di colonna, I-II sec. d.C.
















La scoperta di questi materiali assume una straordinaria importanza in quanto indica con certezza che il monastero viene edificato, tra la fine del VII e gli inizi dell’VIII sec. d.C. su un insediamento di età romana.
Si tratta di quattro diverse tipologie di tegole realizzate tra il I e il II sec. d.C.

TEGOLE

I) Fr. Tegola 01 spalletta rettangolare, con lieve rigonfiatura sul lato interno.
Larghezza della spalla cm 5; altezza spalla dal livello della tesa cm 2,05; spessore cm 2,08.
    II)       fr. Tegola 02    spalletta verticale rettangolare. Larghezza della spalla cm 4,04;         
               altezza dal livello della tesa cm 4; spessore cm 2,01.
    III      fr. Tegola 03     spalletta rettangolare, verticale sulla tesa. Larghezza spalla
              cm 3,02; altezza dal livella della tesa cm 2,05; spessore cm 2,09.
    IV     fr.  Embrice 04   spalletta orizzontale lievemente rigonfiata. Larghezza spalla
             cm 3,06; altezza dalla tesa cm 2,03; spessore cm 3.

Tegole romane























Tutte le tipologie di tegole descritte trovano confronti con esemplari identici rinvenuti negli altri numerosi insediamenti di età romana rinvenuti nelle valle dell’Esaro e dell’Occido. Per ovvi motivi di confronto si deve prendere ad esempio il sito di Pauciuri, nel comune di Malvito, già oggetto di ricerche da parte dell’Università della Calabria e della Soprintendenza Archeologica della Calabria, mentre l’esemplare di tubatura fittile, qui presa in esame, trova preciso confronto con esemplari scavati nella terma della villa romana di Ladreria, nel comune di Roggiano Gravina, già datati al I-II sec. d.C.
Di incerta destinazione d’uso è la porzione di colonna; è probabile che facesse parte di un piccolo complesso cultuale presente nella villa romana antecedente al monastero.
Di particolare interesse documentale è il capitello con epigrafe in greco su entrambe la facce databile, in base alla tipologia dei caratteri al X-XI sec. d.C.

Capitello con epigrafe, X-XI sec.



















Capitello con epigrafe (lato B) X-XI sec.



















Capitello (part.) X-Xi sec.




















( +PLA        
       T )
IND(O?)
La seconda epigrafe (BIB) realizzata su un blocchetto di minori dimensioni è realizzata secondo la stessa tecnica, databile allo stesso periodo.


Colonne (altare?) X-XI sec.
















LA CERAMICA

I materiali ceramici recuperati attestano una frequentazione dell’area antecedente alla fondazione del monastero.
La fase romana è documentata (oltre che dai materiali architettonici sopra descritti), da un’ansa a tortiglione databile al I sec. a.C./I sec. d.C.; un fondo di anfora acroma da dispensa databile al II-III sec. d.C.
La fase altomedievale è attestata da numerosi frammenti di ollette da fuoco e da dispensa confrontabili con esemplari simili rinvenuti ai Casalini ed al Castello della Rocca, databili tra il VI e l’VIII sec. d.C.
Piuttosto abbondante è la ceramica medievale dipinta: è stato recuperato un fr. di ciotola del tipo RMR risalente al XIII sec.

Fr. di ciotola RMR, XIII sec.















Si tratta di una porzione di orlo/spalla/attacco vasca con orlo a tesa decorata con linee ondeggiate di colore bruno sulla tesa e linee di colore bruno, orizzontali sulla vasca.
Questo frammento trova confronti con esemplari rinvenuti al Castello della Rocca ed a Scribla, nel comune di Spezzano Albanese, risalenti al XIII sec.d.C.
La ceramica protomaiolica è attestata da due frr., si tratta di una porzione di fondo/attacco piede/parete di una ciotola e un fr. dell’orlo di un piatto databili alla metà del XIII sec. d.C.
Questa tipologia trova confronto con la ceramica di tipo Scribla e di tipo brindisino.

Ff di ciotola in protomaiolica, XIII sec.






















Un'altra tipologia di ceramica piuttosto interessante è un fr di piatto in graffita del tipo bizantino, rivestito da una vernice policroma di colore verde, giallo ocre e  bruno.
Due frammenti di scodella sono particolarmente interessanti perché risultano essere importate dall’ambiente dell’artigianato ceramico costantinopolitano della fine dell’XI secolo d.C.    
Altri due frr. di invetriata risalgono rispettivamente al XIII_XIV e XIV-XV sec. d.C.; nel primo caso si tratta di parte dell’orlo di un bacino con orlo estroflesso verso l’esterno e decorazione digitali impresse sull’orlo; nel secondo si tratta di una modesta porzione di orlo lievemente rientrante a tesa, rivestito con una invetriatura pesante di colore marrone e decorazioni a rilievo impostate sulla spalla. Questo fr. trova confronto con esemplari simili rinvenuti al Castello della Rocca, databili allo stesso periodo.


Piatto ad invetriata XIV-XV sec.
























Piatto ad invetriata (sezione)

2 commenti:

  1. damyfrontera@virgilio.it |5 luglio 2011 alle ore 13:14

    Questo e il lavoro che óti eínai o Kóstas xádelfó mou. Mi piace tanto!
    Iprói fotografía e moastero di Ag. Sozon di mio chóra. Toídio monastíri eínai epísis Itlaia se capito bene.
    Scusa io no parlo bene italika perche io impara adesso. Io lego bene.

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  2. Grazie per avermi citato nell'intetazione dell'articolo.
    Al mio cugino Damiano: Non è il mio lavoro, io sono storico e non archeologo. Scrivo per il Martus Journal perchè mi piace condividere con le persone quel poco di sapere che acquisito e soprattutto perchè sono molto amico del direttore.

    Costantino Frontera

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