San Sosti (CS): Centro storico
LE ORIGINI DI SAN SOSTI (CS) (Ag.
Sostis)
Il
nome San Sosti deriva dal greco/bizantino Agios
Sostis. Le ultime ricerche archeologiche condotte dalla Sovrintendenza per
i Beni Archeologici della Calabria, in collaborazione con la Cattedra di
Archeologia Cristiana e Medievale del Dip. Di Archeologia e Storia delle Arti
dell'Unical di Rende, ha attestato che l'abitato fu fondato intorno alla media
età del Bronzo (XIV-XIII sec. a.C.), documentato da numerosi resti ceramici e
da una porzione del battuto di un a capanna protostorica rinvenuti nel corso
degli scavi all'interno della chiesa del Carmine. L'abitato era molto fiorente
in età greca come è dimostrato dal rinvenimento dei resti di un santuario
risalente al VI-V sec a.C. dedicato ad una divinità femminile. Sul lato
sinistro della zona presbiteriale è stato riportato alla luce un cospicuo
tratto di muro a secco che era parte del sacro temenos, cioè il recinto sacro del luogo cultuale. Al livello di
fondazione del muro sono state rinvenute tre fosse votive delle quale una
ancora integra, cioè non disturbata dagli interventi di restauro e ampliamento
avvenuti nel corso dei secoli. Tra i materiali recuperati si distingue una
testina fittile risalente alla prima metà del V sec. a.C. raffigurante la dea
Atena che indossa un elmo di tipo frigio e una hydriska (risalente allo stesso periodo). È da notare che l'hydriska era legata al culto di Atena
come è attestato dagli scavi presso il Timpone della Motta a Francavilla
Marittima, dove è stato riportato alla luce una altro santuario dedicato a
questa divinità olimpica. In età romana (I sec. a. C./I sec. d.C.) l'area dove
attualmente sorge la chiesetta del Carmine venne occupata da una villa che si
estendeva su gran parte dell'attuale centro storico. Tra i materiali
archeologici spicca un frammento di una coppa in vetro-mosaico di provenienza
siriana, una porzione di una coppa in sigillata aretina risalente al I sec.
a.C. frammenti di pavimento in opus spicatum.
Ciò indica che si trattava di una grande villa provvista di domus patrizia.
In
età bizantina si assiste al cosiddetto processo di incastellamento, cioè l'antico
abitato si trasforma in castrum (città/fortezza) e prende il nome di Ag. Sostis, dal monastero intitolato al
santo martire di origine orientale.
Un
altro edificio di straordinaria importanza artistica/archeologica è la chieda
madre di Santa Caterina di Alessandria posta sul lato sud-est del castrum di Ag. Sostis. Durante i lavori di restauro eseguiti nel 2000 è stato
parzialmente studiato il contesto: si trattava di una chiesa bizantina a navata
unica rimaneggiata nel corso dei secoli; l'ultima fase edilizia risale alla
metà del XVIII secolo. Tra le opere d'arte custodite nella chiesa madre, degni
di nota sono: l'affresco posto sull'altare maggiore raffigurante la
Trasfigurazione di Gesù, di scuola raffaelliana; la tela del "Divin Sangue
Redentore", di scuola napoletane di fine '700; la scultura di San
Pantaleone risalente alla fine del XVI e l'Inizio XVII secolo, la croce
processionale e altre opere d'arte.
Il
centro storico di San Sosti è impreziosito da palazzi gentilizi costruiti tra
il XVI e il XIX secolo, su antiche strutture di età greca, romana e bizantina,
tra questi si sottolinea il palazzo Guaglianone con cappella annessa risalente
al XVI secolo intitolata a San Francesco di Paola.
È da sottolineare infine che dalle ultime indagini
archeologiche e topografiche è emerso che la pianta del centro storico conserva
la canonica pianta a griglia tipicamente romana di età imperiale.
San Sosti (CS): Centro storico
San Sosti (CS): Centro storico - Museo Artemis
San Sosti (CS): Centro storico - Museo Artemis
San Sosti (CS): Chiesa si Santa Caterina di Alessandria V.M.
San Sosti (CS): La cascata di Fragiovanni
EVENTI CULTURALI CARATTERISTICI
Festa dell’Immacolata
La tradizione della vigilia dell’Immacolata consiste
nell’accensione dei pagliari (falò) assaggio del vino novello (u trividdru) e
dei piatti tipici legati alla ricorrenza.
Santa Lucia
È un appuntamento annuale che ricorre il 13 dicembre,
giorno della festività in onore di Santa Lucia V.M. Consiste nell’accensione di
un grande falò (u pagliaru), in Piazza Orto Sacramento e nella degustazione
della pietanza tipica “a cuccìa”, mais bollito e condito (u migliu), secondo la
tradizione locale, chi ne mangia, la Santa protegge la vista “degli occhi”.
L’Epifania
Un’antica tradizione narra che la sera dell’Epifania,
durante la notte, si verifichino dei fenomeni inconsueti: si possono ascoltare
gli animali parlare tra di loro. Può capitare di sentirli criticare il padrone:
da qui la preoccupazione di dare loro cibo in abbondanza per evitare
imprecazioni e bestemmie contro di lui
Il Carnevale
Questa festa, amata da grandi e piccini, è divenuta il
fiore all’occhiello per il paese. Metà di centinaia di visitatori provenienti
da paesi circostanti, la manifestazione è un tripudio di colori, allegria,
folkrore, canti e tradizioni. Il
carnevale è stato da sempre molto sentito dai sansostesi tant’è che nel Museo
Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma un’intera zona è riservata
all’esposizione delle antiche maschere del Corteo dei mesi dell’anno,
originario proprio di San Sosti. Esso va sintetizzare, in modo esauriente,
alcuni dei più significativi aspetti del carnevale; l’elemento mitico del ciclo
agricolo annuale è la funzione del mascheramento, nel contesto ritualizzato
dalla rappresentazione popolare. Le maschere appartengono alla raccolta De
Giacomo e si tratta di 14 costumi : i 12 mesi dell’anno più Capodanno e la
moglie di Aprile e riproducono le maschere originali adoperate durante una
rappresentazione avvenuta all’inizio del 900. Per la loro ricostruzione, che
avvenne intorno al 1910, furono seguite le indicazioni fornite da informatori
locali. Lo stesso De Giacomo aveva partecipato alla rappresentazione venti anni
prima e il testo originale, cantato è recitato durante la festa carnevalesca,
pubblicato dallo stesso nel 1896 si intitola il popolo di Calabria. Ogni mese è
caratterizzato da determinati elementi
simbolici relativi al ciclo agricolo e alimentare. La presenza femminile
della moglie di Aprile, unica nel suo genere, ha probabilmente un significato
propiziatorio riferito all’inizio della primavera. IL corteo dei mesi viene
considerato come un rituale di reintegrazione, e mira a garantire psicologicamente
la continuità di un buon rapporto con la natura per il rinnovo delle energie
produttive. Se ne può quindi concludere che San Sosti ha un’antica tradizione
carnevalesca con radici molto profonde.
San Giuseppe
San Giuseppe è il Santo padrone del paese e lo si
festeggia il 19 di marzo, giorno della festa del papà. Una volta i
festeggiamenti iniziavano e si concludevano con i famosi botti che si facevano
brillare da piazza Bergo. Evento molto atteso era il gioco della “ninna”, un
tronco d’albero molto alto al cui vertice era posto un ricco premio. La gara
consisteva nell’arrampicarsi fino alla cima e prendere il premio, la difficoltà
consisteva proprio nell’arrampicata: oltre alla notevole altezza del tronco,
questo veniva cosparso di grasso e reso particolarmente scivoloso.
Pasqua e la settimana Santa
Le festività pasquali sono molto sentite dalla nostra
comunità. Si comincia con la domenica delle Palme, quando, per la gioia dei
bambini, vi è l’usanza di portare in chiesa a benedire la palma, un grosso
fascio composto da ramoscelli di ulivi o di alloro, addobbate con le
“pastarelle” pasquali, una sorta di biscotti morbidi fatti in casa tipici di
questo periodo. La settimana Santa poi, si presenta ricca di tradizioni
centenarie che iniziano il Giovedì pomeriggio con la distribuzione del pane
benedetto in dialetto chiamato “cuddruru” nella chiesa del Carmine. Il Venerdì
mattina le statue della passione ( Gesù in croce, Gesù morto, l’Addolorata e
San Giovanni Battista) vengono trasportate dalla chiesetta del Carmine alla
chiesa Madre e nel pomeriggio si svolge una grande processione cui prende parte
quasi tutta la cittadinanza, portando sulle spalle le statue. Alla fine
rientrati Chiesa, si ritirano i “sammurchi” portati dalle famiglie che
partecipano all’iniziativa, i “sammurchi” (sepolcro) si preparano con semi di
grano, ceci e lenticchie fatti germogliare in un luogo senza luce che secondo
l’usanza popolare vengono portati al sepolcro
dopo la morte di Gesù in attesa della sua resurrezione. Un antico canto
religioso recita:
ohi sammurchia ddru mia tuttu iurutu
Da grinta c’è Gesù Cristu Spunutu
C’è l’Addulurata chi chiangia lu figliu sua alla
scapellata.
Alle 23:00,
nella chiesa Madre vengono recitate le “Sette Parole”, cioè le ultime che Gesù
pronunciò sulla croce prima di morire.
A notte inoltrata è da sempre usanza riportare i Santi
dalla chiesa Madre a quella del Carmine.
Il sabato alle 23.30
si celebra la Santa Messa durante la quale si svolge l’affascinante rito della
benedizione del fuoco e dell’acqua.
Agosto sansostese
Nel periodo estivo viene organizzato L’agosto
sansostese per far si che tutti i cittadini e tutti i nostri compaesani
emigrati e ritornati nel loro paese natale possano trascorrere in questa
occasione un piacevole soggiorno nella nostra San Sosti. Durante questa
manifestazione che si protrae per circa dieci giorni, vengono organizzate
serate dedicate alla musica, al cinema sotto le stelle, alla solidarietà, alla
danza, alla moda; viene dato ambio spazio anche allo sport organizzando tornei
di calcio, di calcetto, di pallavolo, gare podistiche ed altro.
Pellegrinaggio Buonvicino
Ogni anno il 18 di settembre è usanza recarsi a piedi
a buon vicino, per festeggiare San Ciriaco. Numerosi i nostri concittadini che
sono soliti recarsi in questa località affrontando un lungo pellegrinaggio,
attraverso i monti che collegano San Sosti e Buonvicino. Sarebbe questa la
stessa strada percorsa a suo tempo dallo stesso Santo, che veniva a studiare presso
il monastero di San Sozon insieme agli altri monaci bizantini, suoi
confratelli. Questo scambio culturale fra i monaci si è con il tempo
trasformato in uno scambio di preghiera tra San Sosti, paese mariano, e buon
vicino, paese devoto al monaco bizantino.
La Fiera
Visita
la Fiera del Pettoruto dall’1 all’8 settembre. Sin da tempi antichissimi le
fiere ed i mercati si svolgevano in prossimità dei santuari extraurbani. In età
greca-arcaica i nuovi arrivati si appropriavano del territorio soprattutto con
la fondazione dei santuari dedicati alle loro divinità protettrici. Le fiere
costituivano oltre che un importante vantaggio economico, un momento
fondamentale di aggregazione e integrazione tra l’elemento greco e quello
indigeno. Fiere e mercati continuarono a svolgersi con regolarità nei pressi
dei santuari e delle importanti vie di comunicazione anche in età romana. In
età Paleocristiana e Cristiana sui luoghi di culto pagani e lungo le antiche
vie di comunicazione ancora in uso, vennero edificati monasteri, chiese e
santuari e nella maggior parte dei casi si conservarono anche le antiche fiere,
come nel caso specifico la Fiera in onore della Madonna del Pettoruto.
SANTA
MARIA DEL PETTORUTO
San Sosti (CS): Santuario N.S. del Pettoruto
Il
santuario del Pettoruto si trova a San Sosti, in provincia di Cosenza ad un’altezza
di 600 metri circa.
Si
presenta agli occhi del visitatore completamente immerso in uno scenario
naturalistico di impareggiabile bellezza quale la gola del fiume Rosa, coperta
da splendidi boschi di elci e di faggi.
Questo
paesaggio incantato, dove il tempo sembra essersi fermato, è incorniciato dal
massiccio della Mula a nord-est e quello della Montea a sud-est.
Da
sempre questi luoghi, suggestivi e affascinanti, rappresentano una sorta di
ritrovo dell’anima in armonia con la meraviglia del creato che avvicina l’uomo
a Dio.
storia
La
chiesa intitolata alla Vergine fu costruita verso la metà del XIII secolo sulle
antiche strutture del monastero bizantino, fondato presumibilmente tra il IX e
il X secolo, come grancia del monastero di Aghios Sozon, i cui ruderi si
conservano ancora fuori dall’abitato di San Sosti.
Molto
probabilmente il santuario del Pettoruto va identificato con l’antico monastero
di Monte Mula di cui si parla nella agiografia di San Leon Luca da Corleone, abate
di questo monastero fino al 915, anno della sua morte.
Un
aspetto molto importante per la nostra ricerca è proprio un passo della agiografia
del santo di origine siciliana legato al momento della sua morte che avvenne
nel monastero di Monte Mula sotto l’invocazione della Vergine Maria.
Da
questa fonte antica si comprende che già il monastero bizantino era dedicato
alla Madonna. Nel catasto onciario del 1273 il Pettoruto viene censito come
Grancia , cioè come Monastero e centro produttivo. Un’ altra fonte riportata
dal Barillàro afferma che il monastero nel 1274 fu trasformato in chiesa dai
cistercensi di Santa Maria di Acquaformosa. La fonte riportata dal Barillàro,
però non è esatta perché nella bolla di Callisto 3° del 22 Maggio 1455 si
afferma che la chiesa della Madonna del Pettoruto era Grancia del monastero di
San Sosti. Ciò significa che al tempo di Callisto 3° manteneva ancora il
carattere primitivo di istituzione greca.
Con
questa bolla il Papa concedeva una particolare indulgenza ai devoti che si
recavano in pellegrinaggio al Pettoruto. E’ proprio la bolla di Callisto 3° che
conferma l’importanza del Monastero, dedicato alla Vergine Maria già al momento
della sua fondazione. La chiesa ha subìto diversi cambiamenti nel corso dei
secoli, sia di ordine strutturale, che di ordine istituzionale.
Nel
1348 diviene “Commenda” e cessa di essere Monastero.
A
breve distanza della basilica si conservano i ruderi di strutture che
anticamente facevano parte del complesso monastico.
Dal
fitto bosco di elci affiora il muro perimetrale e le basi di grandi pilastri
posti a distanza regolare di 2 m e 50 centimetri, che originariamente
costituivano il grande portico. La struttura sorge lungo uno dei sentieri che
conduce al castrum dei Casalini.
In
località Casalini si conservano i resti della città-fortezza nota con il nome
di Artemisia. Il castrum è posto a quota
896 metri di altezza, a strapiombo sulla chiesa del Pettoruto.
La
città fu fondata dai Bizantini, su un abitato più antico, tra il IX e il X
secolo d.C.
Sul
punto più alto si conservano i ruderi di una chiesetta, forse dedicata alla
Madonna, secondo l’usanza dei bizantini di costruire le chiese intitolate alla
Theotokos in prossimità delle porte d’ingresso alle città.
La
chiesa del Pettoruto nel 1647 divenne concistoriale e passò al Cardinale Paolo
Emilio Rondinini. Fu gravemente danneggiata dai terremoti del 1603 e del 1783;
fu ricostruita nel 1834. Nel corso dei lavori di restauro del 1925 venne
costruita la facciata come la vediamo oggi. Nel 1935 fu ricostruita la navata
destra; dal 1956 al 1977, con il vescovo, Mons. Luigi Rinaldi, la chiesa venne
ulteriormente abbellita.
Gli
ultimi restauri risalgono al 2009/10 commissionati dal vescovo, Mons. Domenico Crusco.
RELIGIOSITA’
La
devozione popolare racconta che la statua della Madonna fu scolpita da Nicola
Mairo di Altomonte ingiustamente accusato di violenza su una giovane del suo
paese.
Per
sfuggire alla tragica sorte, il Mairo fugge da Altomonte e si nasconde tra i
monti selvosi del Pettoruto. Nel dramma
della solitudine, profondamente addolorato a causa di un delitto che non aveva
commesso, incominciò a modellare sulla pietra l’immagine della Vergine cui era
molto devoto.
Fu
proprio per intercessione divina che fu riconosciuta la sua innocenza e
scagionato da ogni accusa. L’immagine che egli aveva scolpito e lasciato sul
posto, fu a poco a poco occultata dalla natura. Molto tempo dopo, un pastorello
di Scalea di nome Giuseppe Labbazia, mentre stava cercando una pecora che si
era allontanata dal gregge, si avventura nella boscaglia: terrorizzato perché
credeva di essersi perduto gli apparve l’immagine della Madonna che gli parlò.
Gli
disse di andare a San Sosti e avvisare il parroco che in quel luogo doveva
sorgere la sua chiesa. Il giovane era sordo-muto sin dalla nascita. Fu proprio
questo il primo miracolo. La Madonna li aveva dato la parola e l’udito.
San Sosti (CS): N.S. del Pettoruto
LA
CINTA
La
tradizione della cinta ha origine nella metà del 1600. una terribile carestia
accompagnata da una virulenta pestilenza mieteva centinaia di vittime in tutta
la Calabria superiore, dallo Ionio al Tirreno.
Fu
in questo tragico momento che la popolazione di San Sosti e di tutti gli altri
paesi vicini si posero sotto la protezione della Madonna. Il legame simbolico
tra la Madonna e i suoi figli è rappresentato dalla Cinta, una lunga cordicella
imbevuta di cera adagiata in un canestro ornato di fiori. La prima domenica di
maggio di ogni anno una fanciulla vestita di bianco reca il canestro in
processione e lo offre alla Madonna come per rinnovare quell’antico patto tra
la Madonna ed i suoi figli.
Giunta
sul sagrato della chiesa, la cinta, ridotta in piccoli pezzi, viene distribuita
ai fedeli per accenderla nei momenti di pericolo e di sconforto.
I
BRIGANTI
La
tradizione orale racconta che la cicatrice sotto l’occhio destro della Madonna
fu procurata da alcuni briganti che si nascondevano nella gola del Pettoruto.
Per
dimostrare che la sacra immagina non era miracolosa, si recarono sul posto e
con un pugnale incisero la piccola ferita dalla quale sgorgò sangue.
Gery,
il capo dei briganti che aveva vibrato il colpo, stramazzò ai piedi dell’altare
come fulminato e rimase tramortito mentre gli altri fuggirono terrorizzati.